lunedì 31 ottobre 2011

La famiglia..."amorale"

"Gerontocrazia!" cantavano più di 30 anni fa gli Area ( http://www.youtube.com/watch?v=T2RvkrZuE9I ), una delle band di maggiore spessore intellettuale, dalle migliore capacità tecniche musicali, del più grande talento vocale nostrano mai avuto (Demetrio Stratos), con idee formidabili mixate ad un grande e sofisticato tessuto sonoro, implacabili nel portare avanti idee forti, radicali e senza paura (basti ricordare "Luglio, Agosto, Settembre...nero!") dove fornivano un punto di vista critico su uno temi più dibatutti della politica internazionale di quegli anni. Per tutti questi motivi furono relegati al ruolo di "band di nicchia" o "d'avanguardia" o "di genere", in poche parole da tenere distante dal grande pubblico, per loro di spazio in Italia non ce n'era, al massimo solo un piccolo "spazietto" in un angolo, senza disturbare troppo i "dinosauri" della Grande musica italiana. Gli Area incarnavano tutti i connotati tipici dei giovani "desiderosi ed ardenti" (rileggetevi la descrizione che ne ho fatto!!), ed anche per questo furono relegati e segregati ad un ruolo marginale dalla "Gerontocrazia". La Gerontocrazia è uno dei principali ostacoli per lo sviluppo dell'Italia, ma non é il solo. Altre forze infatti lavorano "con" o "per " la Gerontocrazia, la sostengono e la promuovono, molto spesso in maniera viscerale sebbene inconscia. Uno degli istituti fortemente radicati in Italia che si fa promotore della Gerontocrazia, sebbene incarni virtù o valori condivisibili, è la Famiglia. La Famiglia si sa nel nostro Paese è una istituzione, un caposaldo su cui si regge la nostra organizzazione sociale, etica, morale ma spesso anche industriale e...politica. Pochi anni or sono in Italia c'era anche un "Ministero per la Famiglia", come a sancire la difesa di un elemento strategico per la nostra Nazione, al pari di un "Ministero per il Petrolio" di una nazione petrolifera! Ma non mi si prenda per blasfemo se dico che la famiglia é un istituto che supporta la Gerontocrazia ed un ostacolo per lo sviluppo dell'Italia. Questa mia considerazione non nasce da una "presa di posizione" politica ma da una semplice osservazione della realtà. Si tratta, nei fatti, di un riscontro empirico. La Famiglia alleva, educa e protegge, e nessuno ne vorrebbe fare a meno, al tempo stesso pero' la famiglia impone un sistema di avanzamento basato su un principio semplice ed implicito: "il più anziano comanda", ed imbriglia le generazioni più giovani che devono accettare ed aspettare "il proprio turno". Il sacrosanto rispetto e stima per le generazioni più vecchie, per il loro contributo di esperienza, per la loro saggezza che è spesso garanzia di solidità non deve far mancare un concetto semplice, dimostrato da numerosi esempi dell'esperienza umana, che lo sviluppo puo' venire solo da un atteggiamento "affamato", energico ed in alcuni casi anche spregiudicato. Questo atteggiamento non é certo incarnato dai più "senior" bensi' dai giovani! Ai giovani deve essere permesso di farsi avanti quando la situazione a maggior ragione lo richiede, per poi affidarsi alle generazioni più mature in un momento successivo, di consolidamento, per garantire equilibrio ed equità. Nel panorama globalizzato odierno e' imprescindibile non assumere un atteggiamento votato alla continua ricerca di sviluppo che produce, oggi, solo momentanei stalli di relativo consolidamento, su cui innestare un'azione dei senior. Se la famiglia ordina; come sempre, "di mantenere le posizioni" produce incapacità dei giovani di assumersi le proprie responsabilità, in un momento che al contrario le richiede! Pertanto sentiamo spesso parlare del fenomeno dei "bamboccioni", letteralmente traducibile in "scansafatiche mai cresciuti che non vogliono assumersi le loro responsabilità", come prodotto refluo delle nostre famiglie. Molti in passato si sono indignati ed hanno espresso giudizi severi di vergogna nei confronti dei "bamboccioni" (vedi l'economista ed ex Ministro Padoa Schioppa), ma non si sono posti correttamente il problema di agire sulla causa a monte che li ha generati, ossia la famiglia "amorale". Dobbiamo quindi lavorare a monte sulla causa, dobbiamo lavorare sulla famiglia per renderla un istituto "flessibile" e con una gerarchia in grado di trasmutare a seconda delle diverse condizioni economiche e sociali. La famiglia infatti non é e non puo' essere in assoluto e sempre un istituto "morale", lo é o lo diventa solo quando riesce a diventare una micro-organizzazione sociale in grado di promuovere e garantire il benessere di una nazione, non quando si cristallizza in tabù e causa l'inerzia di una nazione. In quest'ultimo frangente diventa solo ed unicamente una famiglia "amorale".

mercoledì 26 ottobre 2011

Gerontocrazia: avanti i vecchi, i giovani a casa


Terminato il racconto della storia di Nauru proviamo a capire ciò che in breve questa storia ci ha insegnato. I Naurani si sono trovati in possesso di una grande fortuna derivante da una fonte di ricchezza naturale, i fosfati. I Naurani non sono stati in grado però di gestire questa grande ricchezza per creare condizioni di sviluppo e di benessere duraturo. Che cosa, in sintesi, hanno sbagliato i Naurani? In estrema sintesi i Naurani non hanno investito i fondi derivanti dai fosfati in investimenti di sviluppo, bensì si sono accomodati su investimenti conservativi, delle rendite immobiliari. Tali investimenti permettevano di generare proventi certi a fronte però di rendimenti normali ma soprattutto di nulle opportunità di sviluppo futuro. I soldi di Nauru insomma furono "messi a reddito" anziché essere investiti in progetti o attività capaci di rimpiazzare la fine dei giacimenti di fosfati. Quali potevano essere questi progetti? Difficile (o facile) a dirsi ex-post, ma i veri e più classici investimenti in sviluppo ruotano tutti attorno ad una medesima base: la valorizzazione del capitale umano e del suo potenziale. Perchè Nauru non ha investito nella formazione di una classe di dirigenti pubblici competenti anche in ambiti finanziari, viste le immani ricchezze da gestire? Perchè non ha investito nella formazione di una classe di ingegneri capaci di seguire e monitorare l'andamento dei giacimenti di fosfati in modo da predirne per tempo la fine e avvisare per tempo i politici della necessità di rimpiazzare questa risorsa? Perchè non ha investito nell'arricchimento delle infrastrutture e dell'offerta turistica dell'isola? Perchè semmai non ha anticipato la soluzione di costituire un sistema off-shore con un sistema bancario moderno ed efficiente? I Perchè potrebbero sprecarsi ora, ma non dobbiamo sprecare altro tempo, dobbiamo serbare ed appropriarci della storia di Nauru ed applicarla a nuovi casi problematici. La domanda sorge dunque spontanea: ma l'Italia, il nostro Bel Paese, assomiglia a Nauru? La risposta immediata (e per alcuni ovvia) è un "no". Perchè è un "no"? Molto semplice, ci sono numerosissime differenze: Nauru è un atollo mentre l'Italia è una penisola, Nauru ha una popolazione di poche migliaia di abitanti mentre l'Italia ne ha quasi 60 milioni, Nauru aveva una fonte di ricchezza naturale mentre l'Italia è povera di risorse naturali ma ricca di altre risorse. Ecco fermiamoci su questo ultimo punto. E' vero l'Italia è povera di risorse naturali ma ricca di altre risorse. Ma per smentire l'affermazione che l'Italia non sia come Nauru dobbiamo concentrarci non tanto sulla struttura del patrimonio della nazione ma sulla capacità di conservarlo. Quindi la domanda giusta da porre è la seguente: ma l'Italia, il nostro Bel Paese, assomiglia a Nauru in quanto a capacità di gestire le sue ricchezze? E qui la risposta è molto meno scontata. L'Italia è povera di risorse naturali ma ricca di capitale umano che produce i suoi frutti in numerosi ambiti come la moda, il design, le auto, il cibo e più in generale l'arte. Ma l'Italia sta gestendo in modo corretto il suo capitale umano? L'Italia, mutuando dalla storia di Nauru, sta investendo nello sviluppo del suo capitale umano per garantirsi condizioni di sviluppo per il futuro? L'ago della risposta inizia ora a pendere più dalla parte del "no". Quali sono le problematiche che non permettono all'Italia di investire nello sviluppo del suo capitale umano? Forse molte ma iniziamo da una molto semplice: gerontocrazia. La gerontocrazia, e già dal nome sembra una malattia, è la concentrazione del potere su persone anziane (andate a leggervi la definizioni di Wikipedia e poi ditemi se non ci riconoscete la descrizione dell'Italia, http://it.wikipedia.org/wiki/Gerontocrazia ). La concentrazione del potere nelle mani degli anziani non permette ai giovani di emergere quindi non permette a una nazione di investire nello sviluppo del suo capitale umano. Recentemente i Giovani Imprenditori di Confindustria dal loro convegno annuale di Capri hanno lanciato delle proposte che mi hanno colpito, non tanto per il contenuto che è condivisibile (in sintesi "abbassare le tasse ai giovani, ridurre il cuneo contributivo per chi entra nel mercato del lavoro, detassare le nuove imprese, abolire il valore legale dei titoli di studio"), tutte in favore di uno slancio verso gli investimenti di sviluppo in capitale umano. Ma le loro proposte mi hanno colpito per i mittenti cui i Giovani Imprenditori di Confindustria le hanno rivolte e ai quali chiedono di condividerle. In particolare i Giovani Imprenditori di Confindustria, oltre che al Presidente del consiglio (ultrasettantenne), le hanno rivolte al Presidente della Repubblica, ultraottantenne! Il fatto che il Presidente della Repubblica le abbia condivise e questo abbia reso "felici" i Giovani Imprenditori, come se avessero ottenuto qualcosa mi ha mosso una grande tenerezza nei loro confronti. Questa situazione mi ha ricordato quella dei nipotini che chiedono al nonno un commento sui loro scarabocchi e lui gli risponde "Siete dei grandi artisti!"...insomma facciamogli un complimento così cresce la loro autostima, d'altronde sono bambini!!! Ma che senso può avere quello di affidare la Presidenza di una nazione ad un ultraottantenne e chiedergli di occuparsi del futuro del capitale umano? Nel nostro Bel Paese il primo problema è la gerontocrazia e l'unico modo di combatterla e limitarla è quello di inserire un limite massimo all'assunzione di cariche per lo svolgimento dei compiti di Presidente del Consiglio e di Presidente della Repubblica. La mia proposta: massimo 60 anni per l'assunzione dell'incarico di Presidente del Consiglio e massimo 65 anni per l'assunzione della carica di Presidente della Repubblica. Nel prossimi blog seguirà la disamina di altri problemi che affliggono il nostro Bel Paese e ne inibiscono lo sviluppo del suo capitale umano, principale fonte di ricchezza dell'Italia.

lunedì 17 ottobre 2011

La fine della storia di Nauru e come si evolverà questo Blog


Con il precedente post si chiude il racconto dell'incredibile vicenda economica ed umana dello stato di Nauru. Da questa storia possiamo trarre alcuni importanti insegnamenti, da preservare con grande attenzione se non vogliamo ripetere nel nostro piccolo, o nel grande, i medesimi errori. I Naurani per molti anni prosperarono grazie alla scoperta dei giacimenti di fosfati e si trovarono a vivere di rendita. Purtroppo non seppero gestire questa rendita, questa incredibile fortuna che il destino aveva assegnato loro. Anzichè impiegare gli ingenti introiti in forme d'investimento opportune che avrebbero potuto rimpiazzare a lungo termine il reddito delle concessioni dei giacimenti, i Naurani investirono in altre attività che avevano la caratteristica di rendita, misero il loro capitale "a reddito" in immobili ma non generarono occasioni di sviluppo. In sintesi, Nauru non fu in grado di investire nello sviluppo futuro. Cosa potevano fare i Naurani? Tante cose, e forse parlarne con il senno di poi è facile. Sebbene non è detto che avrebbero di sicuro avuto successo, potevano però quantomeno provare ad investire in forme di sviluppo. Ma quali? Gli investimenti in sviluppo sono quelli che hanno a che fare con la valorizzazione delle risorse disponibili e del capitale umano. Nauru di risorse naturali non ne aveva moltissime, questo va detto, ma aveva una posizione invidiata di "piccolo paradiso" sulla Terra ed aveva, e tuttora possiede, un popolo. Perchè non investire di più sul territorio stesso e sulla sua capacità di attrattiva turistica anzichè mettere capitali in un hotel a Sydney? Perchè non investire sulla formazione e sull'educazione della propria popolazione, formando una classe dirigente più competente e capace anche di affrontare gli investimenti strategici di una nazione? Perchè semmai, in assenza di altre alternative efficaci, non trasformare da subito Nauru in un "paradiso fiscale" con un sistema bancario moderno e altamente qualificato? Tanti perchè ed una sola certezza: i Naurani stanno ora lottando per la loro sopravvivenza. Per questo hanno bisogno di un aiuto. Anche se non credo che il modo migliore per dare aiuto sia semplicemente quello di inviare denari, perchè come dice un vecchio detto "non bisogna dare all'affamato il pesce, ma aiutarlo a pescare", data la distanza e l'impossibilità di molti di raggiungere l'atollo e dare un aiuto concreto, segnalo questo link per gli aiuti umanitari a Nauru: http://www.care4nauru.com/. Ora che è finita questa storia che ne sarà di questo blog? In realtà la storia di Nauru è servita come preambolo, come ottima "case history" direbbero in un corso MBA, per discutere i temi dell'economia e della finanza dello sviluppo e questo blog continuerà a trattare di questi temi, avendo però fatto prima un pò di "scuola" a coloro che si avvicinano per la prima volta a queste tematiche. Il blog ora affronterà i temi di maggiore attualità, focalizzandosi in particolare sulle problematiche dell'Italia e di quei problemi, quantomai odierni, delle sue istituzioni, persone e politiche che bloccano gli investimenti di sviluppo e non favoriscono la crescita economica, deprimendo le nuove generazioni e rischiando di produrre nuovi "casi Nauru".

domenica 16 ottobre 2011

Fine del Guano, fine della parabola di Nauru...ed i sogni di gloria anzichè prendere il volo rimangono a terra.


L'esaurimento delle miniere di fosfati segnò inesorabilmente anche la fine economica del piccolo staterello di Nauru e dei suoi sogni di gloria. I Naurani dovettero rendersi conto che la loro "manna dal cielo" era finita, scavarono per tutta l'isola ma non trovarono niente che la potesse rimpiazzare. Anzi, l'isola era ormai un "colabrodo", devastata da anni di scavi forsennati delle multinazionali. L'ancora di salvataggio di questa piccola nazione erano gli investimenti finanziari fatti negli anni passati. Questi investimenti erano stati aggregati all'interno di un veicolo di investimento,il Nauru Phosphate Royalties Trust, che doveva essere la holding finanziaria, o per semplicità la "cassaforte", dello Stato di Nauru. I piu' importanti investimenti, che rappresentarono realmente almeno in un primo momento il "salvagente" di Nauru, erano gli immobili a Melbourne (Nauru House) e a Sydney (Mercure Hotel), mentre gli investimenti "spericolati" effettuati dal fondo patrimoniale azzerarono letteralmente il capitale che vi era stato investito. Tra questi investimenti "spericolati" vi era l'investimento in un musical ("Leonardo: The muscial") che si rivelò un totale insuccesso sia dal punto di vista di pubblico che dal punto di vista finanziario, l'acquisto di un ex area industriale da riconvertire e sviluppare (Carlton and United Breweries a Melbourne) che fu successivamente rivenduta senza nessuno sviluppo e per finire il finanziamento ad un club di football di secondo rango, il Fitzroy Football Club, che venne poi liquidato. Dopo la fine dei fosfati le casse dello Stato iniziarono ben presto a languere, anchè perchè sulla scorta dei grandi introiti delle rendite dei fosfati lo Stato di Nauru aveva impostato un grande sistema di welfare che garantiva a tutti un salario, senza bisogno di lavorare. Per mantenere questo sistema, in attesa di trovare qualche altra forma di sostentamento, lo Stato di Nauru dovette indebitarsi con gli Stati esteri, poichè gli introiti dalla rendite immobiliari di Sydney e Melbourne non furono bastevoli per sfamare la popolazione. In breve tempo il debito contratto dallo Stato di Nauru crebbe e divenne insostenibile e così il governo dovette vendere tutti e due i mega-immobili di Sydney e Melbourne per ripagare i propri creditori. La vendita del "totem" dei Naurani (la mitica Nauru House di Melbourne di cui abbiamo parlato a lungo in un precedente post), segnò anche simbolicamente la fine del "sogno economico" di Nauru e di una dura ricaduta a terra, con una presa di coscienza definitiva che ora i Naurani si trovavano sul lastrico. Rimase a terra anche la compagnia aerea di bandiera, la Air Nauru, che disponeva di un solo aerero ma che permetteva di collegare l'atollo con il resto del mondo. A quel punto Nauru si ritrovò senza piu' un quattrino ed isolata dal resto del mondo. Questa sciagura economica è recente poichè la fase piu' acuta della crisi economica di Nauru si è verificata tra il 2005 ed il 2006. Dopo questo biennio "horribilis" la nazione ha provato a risollevarsi attraverso nuove iniziative, come la trasformazione in un "paradiso fiscale" (oggi Nauru è considerata una nazione off-shore "black list"), che però non ha prodotto risultati tali da riattivare economicamente la nazione, e la ricerca di numerosi sostegni economici da parte di Stati esteri (in particolare Australia e Cina). Con questi aiuti almeno l'aereo della compagnia di bandiera ha ripreso a volare e con esso le speranze di un futuro migliore per i Naurani, che ancora oggi sono alla prese con il problema di avere una qualche forma di sussistenza economica.
 
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