lunedì 19 dicembre 2011

Gerontocrazia + Diritti acquisiti = Montagna di debito. E chi paga?

Questo post si combina con il precedente per trasferire un concetto importante e cioè che le cause che frenano lo sviluppo si combinano tra di loro. Sono cioè "concause". A parte elencare le cause, argomento su cui torneremo, dobbiamo comprendere come esse interagiscono. Introduciamo una equazione che chiarisce l'interazione logica delle cause prima citate e ne evidenzia in termini concreti l'effetto. L'equazione è semplice da individuare. Se a fronte dello sviluppo ci possiamo aspettare una maggiore ricchezza, possiamo partire da questa prima equazione e poi costruire il suo "contrario". Con i post dedicati alla storia di Nauru era emerso come l'assenza di specifici investimenti in sviluppo avesse determinato la distruzione di una grande ricchezza. Quindi gli investimenti in sviluppo avrebbero altrimenti determinato la creazione di ricchezza. L'equazione sarebbe: Investimenti in sviluppo = Ricchezza. Non è però così semplice, parrebbe semplicistico. E' necessario introdurre un ulteriore elemento, non bastano solo gli investimenti in sviluppo ma dobbiamo introdurre una ulteriore condizione che permette agli investimenti in sviluppo di produrre ricchezza. Questa condizione è rappresentata dai "Mercati competitivi", ovvero da mercati dove gli investimenti in sviluppo possono essere valorizzati. L'equazione diventa: Investimenti in sviluppo + Mercati competitivi = Ricchezza. Ora ragioniamo sul contrario. Riprendiamo le due cause che frenano lo sviluppo, "Gerontocrazia" e "Falso Teorema del Diritto Acquisito", possiamo pensare che la prima (Gerontocrazia) freni gli investimenti in sviluppo (avete mai visto un anziano bramoso di fare investimenti in sviluppo e cioè prendersi alti rischi? Mi pare succeda nel 99% dei casi il contrario), mentre la seconda causa (Diritto Acquisito) frena, come abbiamo discusso nel post dedicato, l'accesso competitivo ai mercati. Per cui ora possiamo determinare l'equazione al "contrario": Gerontocrazia + Diritto Acquisito = Non Ricchezza. Semplice no? Ma cosa succede se a fronte di una "Non Ricchezza" io individuo (o insieme di individui e quindi Stato) voglio spendere, consumare, godere? Una soluzione c'è: mi indebito. Più spendo, senza creare ricchezza, più mi indebito. Più consumo, senza creare ricchezza, più mi indebito. Più godo, senza creare ricchezza, più mi indebito. Fino a che non ho creato una Montagna di Debito. Quando arrivo ad aver creato una montagna di debito mi si pone un problema. Difficilmente troverò qualcuno disposto a darmi ulteriore credito (che diventa ulteriore mio debito), perchè già ne ho troppo e molto probabilmente non potrò più ripagarlo. Cosa dovrei fare a questo punto? Dovrei fare un esame di coscienza, ragionare ed ammettere che forse ho esagerato. Dovrei cercare di capire le ragioni che mi hanno portato a questo eccesso di debito e cioè la mia insostenibile bramosia di spendere nonostante la mia incapacità nel generare ricchezza. Potrei allora, una volta pentito, tornare indietro. Potrei iniziare a darmi da fare seriamente, facendo investimenti in sviluppo per migliorare, lavorare e competere per guadagnare. Con i soldi guadagnati potrei quindi ripagare il debito e mettermi in una situazione di rinnovato equilibrio e di ritrovata serenità. Certo ci vorranno sacrifici, rinunce, duro lavoro. Non tutti sono disposti a farlo. Magari nemmeno io. Mi verrebbe da cercare una scorciatoia. Ma quale? Bè se il debito è solo il mio e lo devo pagare solo io è difficile trovare una soluzione. Che posso fare, scappare? Magari scappo si, fuggo in un'isola deserta. Magari fuggo a Nauru! Ma se il debito è mio e di altri insieme, come in una società (e forse sarebbe meglio scrivere Società), che posso fare. Una cosa la posso fare! Se son vecchio posso farmi eleggere governatore della società, stabilendo che vi si accede solo oltre una certa età o che l'accesso è funzione dell'età (Gerontocrazia), poi dato che faccio io le leggi dico che come Governatore della Società devo avere un certo stipendio per sempre, cioè un vitalizio e che nessuno me lo può toccare (Diritto Acquisito). Poi emano una legge e dico che "tutti, tranne chi è il Governatore, devono equamente ripagare il debito". Il gioco è fatto. Facile, troppo facile. Anche un bambino lo capirebbe. Allora poichè lo capirebbe anche un bambino dovremmo renderlo più complicato, più difficoltoso da comprendere e sviscerarlo. Dovremmo allora rivolgerci a qualche "Azzeccagarbugli" o "Dottor Sottile", uno che delle cose semplici può farne cose complesse. Dovremmo chiedere un parere se ciò è fattibile a qualche soggetto illuminato. Che ne so. Potremmo chiederlo http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Ichino. Leggete pure il CV, a voi la valutazione. Io come detto non valuto.

mercoledì 7 dicembre 2011

Un vecchio problema. Altrettanto vecchi ed inutili rimedi.

Congelo per un attimo la discussione sulle cause italiane che bloccano lo sviluppo per affrontare direttamente una delle conseguenze originate da tali cause: il debito italiano. Tornerò però sull'analisi dei motivi che impediscono lo sviluppo In Italia, poichè la loro disamina non è terminata. Volevo focalizzarmi sul problema del debito per l'urgenza del tema e per i tentativi che sono stati recentemente fatti per risolverlo. La "medicina" usata dal nuovo Governo è però sempre la stessa, ossia una combinazione di aumento tasse-riduzione spesa pubblica, e non affronta le radici del problema nè avanza modifiche strutturali per una sua risoluzione. Vale la giustificazione che questo Governo è solo agli inizi di un difficile percorso ma rimaniamo vigili e lucidi per monitorare se le "vere" riforme, che permetteranno di risolvere il problema del debito, saranno realizzate. Per capire alla radice il problema del debito italiano dobbiamo ripercorrerne la storia ed il susseguirsi di eventi e politiche che ne hanno determinato l'accrescimento smodato. Molti affermano che il problema del debito italiano è da ricollegare alla politiche dell'eccesso di spesa pubblica degli anni '80. In realtà il tema è più articolato e complesso poichè affonda le sue radici in un insieme di ragioni di tipo sociale, economico e finanziario, occorse ben prima degli anni '80. Il tema del debito italiano è da analizzare partendo dal Dopoguerra, ossia dopo la "rifondazione" di uno Stato Italiano, e quantomeno da collocare con particolare attenzione negli Anni Sessanta. I favolosi Anni Sessanta! Gli Anni Sessanta, così come gli Anni Cinquanta, sono il simbolo della rinascita italiana dalla guerra, del "Miracolo Economico", del risveglio di una nazione e della sua imprenditoria, in particolare di quella piccola e media e della grande innovazione in molti settori (come l'arredamento ma anche le automobili e i motocicli-la Vespa!- e così via). Come fece l'Italia ha creare questo "Miracolo Economico"? Su quali risorse costruì il suo successo? Sappiamo che l'Italia è sempre stata una nazione povera di risorse naturali (non certo ricca come altri Stati, tipo Nauru) e quindi certamente la sua ricchezza non derivò dallo sfruttamento di giacimenti petroliferi o di altri risorse del suolo o sottosuolo. L'Italia fece leva su una altrettanto preziosa risorsa rappresentata dal suo capitale umano. Quel capitale umano, spesso identificato con la creatività e fantasia, che fluì nelle produzioni ed affermò molti prodotti ed uno "stile italiano" nel mondo. Straordinari Anni Cinquanta-Sessanta! Negli anni Settanta la situazione cambiò. Ma perchè cambiò? L'Italia aveva forse perso il suo "capitale umano"? No, in realtà cambiò per un fattore esterno, non prevedibile ("un fattore esogeno" come direbbero gli economisti) e cioè le "crisi petrolifere". Le crisi petrolifere misero a nudo uno dei problemi strutturali dell'Italia, ossia la scarsa produzione energetica interna ed il forte gap con i paesi produttori ed esportatori di energia. I governanti italiani dovettero intervenire con una certa urgenza su questo tema. Una soluzione poteva essere quella di affrontare in modo molto deciso il tema dell'insufficiente produzione energetica (magari prevedendo la costruzione di nuove centrali anche nucleari, oppure lo studio e la diffusione di nuove tecnologie, etc.). Queste azioni avrebbero però prodotto i loro effetti solo più in là nel tempo, dopo molti anni, mentre era necessario fornire immediate risposte al problema della "crisi petrolifera". Iniziò un periodo non facile, di "austerity". Questa difficile situazione economico-sociale fu un fertile terreno per lo sviluppo di veementi proteste da parte di fasce deboli della società che spesso sfociarono in violenza sanguinosa (le Brigate Rosse, Lotta continua e gli altri movimenti "rivoluzionari" studenteschi). Il clima sociale peggiorò terribilmente (altro che "Dolce Vita" degli anni Sessanta!). Ero appena nato in quegli anni ma mio padre mi disse di aver avuto paura e di essere fuggito da Milano per "mettere al riparo" la sua famiglia da queste violenze (aggiungiamo pure che un giorno nella banca dove mio padre lavorava entrò Vallanzasca e possiamo comprendere quale potesse essere lo stato d'animo di quegli anni). Lo Stato Italiano fece molta fatica a combattere le proteste, la criminalità e la violenza e molti "martiri dello Stato" si immolarono, cadendo sotto i colpi di pistola di rivoluzionari o gruppi armati di protesta, fino a casi clamorosi e che rappresentano ancora "ferite indelebili" come il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro. Una prima risposta, d'urgenza al problema economico, venne data attraverso una soluzione finanziaria ossia l'emissione di debito pubblico per finanziare il deficit generato dalle necessarie importazioni di energia, pagate a caro prezzo. Guardando il grafico riportato in questo post è possibile notare come il debito pubblico italiano iniziò la sua salita proprio nel corso degli anni Settanta. Gli anni Ottanta iniziarono un pò diversamente per l'Italia, non tanto perchè i vecchi problemi fossero tutto ad un tratto risolti, infatti i "fuochi rivoluzionari" non erano ancora spenti e le stragi erano ancora all'ordine del giorno, ma perchè vi furono alcune fortunate contingenze e nuove consapevolezze da parte di chi doveva affrontare il problema. Nel 1982 la nazionale di calcio italiana, ritenuta una delle "cenerentole" calcistiche, vinse inaspettatamente i Campioni del Mondo di calcio, dopo ben 44 anni! Io stesso che ero ancora bambino, ricordo il continuo scorrere di quelle immagini di giubilo e festa con Bearzot ed i suoi giocatori che alzavano la coppa ed il Presidente della Repubblica Pertini che esultava sugli spalti. Questo fatto produsse effetti molto più pervasivi di quanto si possa credere, di sicuro innalzò e non di poco l'autostima degli Italiani a tutti i livelli politico-sociali. La vittoria dei Mondiali non eliminò, va detto, i problemi strutturali italiani (come quello del deficit energetico) ma quantomeno cambiò la psicologia. L'economia, ed anche la finanza, sono assai spesso guidate dalla psicologia! I politici si accorsero che una soluzione di breve e di urgenza come quella di emettere debito pubblico poteva essere usata per sostenere i consumi, gli investimenti e forse anche i vizi di una nazione che aveva quantomeno migliorato il suo "umore". Attraverso questo strada sarebbe stato possibile ridurre anche i conflitti sociali (più persone con la "pancia piena", meno proteste!). E così fecero. Gli Italiani vissero i loro favolosi ed edonisti Anni Ottanta. Il debito crebbe a dismisura e i problemi strutturali non furono risolti. Dopo l'ubriacatura post-Mondiali degli anni Ottanta, con tanto di codazzo di Moda, sfilate e yuppismo, l'Italia si ritrovò negli anni Novanta. L'inizio degli Anni Novanta non fu facile poichè la "zavorra del debito" iniziò a pesare e dopo lo scandalo di Tangentopoli che mise a nudo il sistema politico-affaristico italiano degli anni Ottanta furono cercate delle soluzioni attraverso governi tecnici (Amato-Ciampi). Le soluzioni avanzate in quegli anni furono in prima istanza di breve termine (aumento tasse-riduzione spesa pubblica) e solo più tardi "relativamente strutturali" (alcune privatizzazioni "parziali" e le prime "timide" liberalizzazioni). Urgeva ricercare soluzioni "straordinarie" perchè l'Italia doveva soddisfare anche un altro importante obiettivo ossia "non perdere il treno per l'Europa", cioè entrare a far parte dell'Unione Monetaria Europa. Per farvi parte furono fissati dei criteri tra cui il rapporto massimo di debito/pil, che ovviamente l'Italia non rispettò ma per Lei venne fatta una "deroga" (d'altronde in Italia siamo maestri nelle deroghe! Vuoi che non ce la dessero proprio a noi?). Con l'entrata nell'Euro e nel Nuovo Millennio l'Italia vive un periodo di euforia a causa di un'economia drogata da speculazioni finanziarie (titoli Internet) e immobiliari (politica espansiva del debito-mutui "sub prime"). Terminata questa fase, quando dall'euforia si è passati alla crisi, l'Italia si trova con il solito vecchio problema: il suo ingente debito pubblico. E quali sono dunque i rimedi? Governo tecnico e aumento tasse/riduzione spesa pubblica. E la soluzione del gap energetico? E le privatizzazioni mancanti? E le liberalizzazioni convincenti? Insomma dov'è la vera politica dello "sviluppo"? Le idee certo non mancano ma bisogna realizzarle e renderle concrete. Per farlo dovremo seriamente lavorare sulle cause che bloccano lo "sviluppo" e le relative riforme. Nei prossimi posts riprendiamo quest'analisi, ma era necessario soffermarsi un attimo sul debito, il nostro "vecchio problema".

giovedì 1 dicembre 2011

L'ipocrisia dell'illuminato. Cattivi e buoni maestri.

A fronte di chi si rifugia in false giustificazioni per salvaguardare il proprio "diritto acquisito" c'è chi (apparentemente) si professa "antagonista dei diritti acquisiti" o strenuo difensore della libertà, della concorrenza ed in definitiva del merito. Attenzione che spesso dietro a questi "sbandieratori" della libertà e del merito si celano ipocriti arrivisti ambiziosi. Che male c'è a professarsi sostenitori del merito e proclamarlo anche ad alta voce? Nulla, basta essere coerenti. Molti di questi "paladini del merito" però coltivano carriere plurime con rendite di posizione che a loro volta non vogliono perdere. Non è infrequente imbattersi nel "riformatore dei contratti di lavoro" che pretende più flessibilità, più dinamicità, insomma più facilità nel licenziare e meno garanzie per il lavoratore. Un punto di vista che di fondo è condivisibile se serve ad eliminare i "diritti acquisiti" e le "rendite di posizione". Ma poi scopriamo che tale "riformatore" vuole che tutto questo succeda per gli altri, eccetto che per sè! Si, il reclamo di diritti e garanzia da parte degli altri va assolutamente eliminato, mentre per ciò che riguarda il proprio non se ne parla affatto! Ed ecco che scopriamo che il "riformatore dei contratti di lavoro" è in realtà contemporaneamente professore universitario a vita, avvocato, giornalista e pure ricopre incarichi in ambiti parlamentari. E questo sarebbe un "paladino del merito" e "riformatore dei contratti di lavoro"? Ma da che pulpito viene il palpito? Messo di fronte all'evidenza di assoluta incoerenza tra ciò che professa e la sua posizione indovinate un pò il soggetto cosa risponde? "Io non ho nulla di cui vergognarmi, i miei diritti li ho acquisiti a norma di legge!" Eccolo lì dunque un altro sostenitore del falso teorema dei diritti acquisiti travestito in modo camaleontico da rivoluzionario e riformatore! Tutti questi non sono altro che CATTIVI MAESTRI! E' chiaro che qualcuno a questo punto può dire: ma perchè non fai qualche nome? Non li faccio perchè non voglio arrogarmi il diritto di essere il Giudice supremo che emette giudizi e sentenze. Credo nella democrazia delle opinioni e forse ancora, utopisticamente (?), nella capacità di valutare di ciascun individuo. Oggi che disponiamo di Internet, che è un mezzo "buono", è facile per tutti scoprire chi sono i falsi maestri! Dopo aver letto ad esempio il commento di uno di questi dalle colonne di un giornale, in cui professa la sua "voglia di cambiare" e la necessità di eliminare diritti e rendite di posizione, basta poi inserire il nominativo di questo in un motore di ricerca (tecnicamente "Googolizzarlo"), per verificare se ciò che dice corrisponde a ciò che è e che fa. Basta un attimo e tutti lo possono fare. Internet dice molto di più di qualsiasi investigatore privato oppure oracolo. Internet per certi versi è un mezzo minimalista, freddo e crudo, perchè ti dice esattamente le cose come stanno, senza rivestirle, truccarle, abbellirle o mascherarle. Per questo è un mezzo utile, sebbene forse freddo. Fortunatamente ci sono anche i BUONI MAESTRI. Qui mi devo sbilanciare un pò però. Certo non è facile dire chi è un BUON MAESTRO, mi limito ad individuarne alcuni solo sulla base della loro coerenza, indipendentemente dalle loro idee. Ne cito tre, in ambito universitario, poichè in qualche modo li ho conosciuti o forse li ho solo "studiati a distanza". Il primo che cito è Luigi ZIngales, uno dei suo libri e numerosi suoi scritti hanno ispirato questo blog. Ho conosciuto (poco per la verità) Luigi durante un periodo da visiting professor che lui ha svolto circa 10 anni fa (attorno al 2002) presso la SDA Bocconi. Luigi Zingales insegna alla GSB dell'Università di Chicago ed è professore di economia e finanza. E' italiano ma vive da anni in USA. Potrebbe sembrare il classico caso del "cervello emigrato" e forse lo è. Luigi esprime le proprie idee in modo molto chiaro, con stile asciutto e diretto, e per certi versi "radicale". Si a mio modo di vedere è proprio un "radicale", ma i "radicali" servono anche se sono scomodi perchè dicono e fanno cose utili. Luigi dice e fa anche perchè è sicuramente un ambizioso (infatti non disdegna ruoli all'interno del consiglio di amministrazione come Telecom Italia), ma ha il pregio di fare tutto ciò con grande coerenza ed in modo fedele al proprio stile "radicale". Non è figlio di barone, è andato in USA ed ha studiato e lavorato duro, ha scritto molte pubblicazioni rinunciando anche (con sofferenza immagino) a molta della propria vita privata, ha raggiunto posizioni di rilievo accademiche ed incarichi prestigiosi ma non vive di "rendite di posizione" e non rivendica "diritti acquisiti". E' sempre e costantemente "all'attacco" e non gioca mai "in difesa". Lui è un BUON MAESTRO. Un altro è Alberto Alesina, noto professore Italiano presso Harvard. Non ho mai conosciuto personalmente Alberto Alesina, salvo averlo visto qualche volta gironzolare nei pressi della Bocconi in stile sobrio ed informale con uno zainetto della palestra. Lo cito perchè sebbene non lo conosco personalmente, penso però di conoscerlo molto bene e forse di capirlo. Alberto Alesina è nato a Broni, nell'Oltrepò Pavese, una terra che conosco bene perchè è la mia terra. Della mia terra conosco i valori, gli usi, le tradizioni, quei tratti insomma non comunicabili che plasmano e forgiano gli uomini che lì hanno avuto i natali. La gente della mia terra è operosa, poco chiassosa, tenace e capace di lavorare oltre l'immaginabile. La gente della mia terra porta con sè i valori della terra. Quei valori delle volte duri che creano lo spirito contadino. Quello spirito per cui non bisogna mai "alzare troppo la cresta" perchè la natura (la terra) oggi dà ma domani può togliere. Per cui il contadino è felice dopo aver raccolto i frutti, ringrazia, ma poi torna al suo lavoro, non si perde in un "brodo di giuggiole". In Alesina riconosco questi tratti. Penso sia un grande lavoratore a giudicare dall'immane lavoro di ricerca in ambito accademico che ha svolto e che continua a svolgere, sebbene sia già una "personalità" affermata. Nei suoi interventi "televisivi" non l'ho mai sentito sopra le righe, nè arrogarsi diritti che il suo spessore e la sua autorevolezza potrebbero anche giustificare. Non mi sembra famelico di incarichi e ruoli. Non è un difensore dei "diritti acquisiti". E' un BUON MAESTRO. L'ultimo che cito è un individuo di cui abbiamo parlato molto in questi giorni per un suo recente libro. E' un altro professore universitario (d'altronde io parlo solo di ciò che conosco!!). E' Pierangelo Dacrema, professore piacentino che insegna in Calabria. All'apparenza Dacrema può essere considerato un "accademico hippy", controcorrente e da "Mistero Buffo". Dacrema però ha sviluppato i suo temi "controcorrente" in maniera molto "coerente". Ha scritto libri di critica alle materie che insegna (come "La morte dei soldi" o "La schiavitù del PIL"). Il suo ultimo libro è un totale manifesto-anticonformista che si intitola "Fumo, Bevo e mangio molta carne!". Pare stia avendo molto successo, forse perchè in questo momento storico c'è voglia di nuove idee anche controcorrente e magari gli individui si stanno risvegliando dal loro torpore da "drogati di Grande Fratello". Non prendete però alla lettera tutto quello che dice Dacrema! Sarebbe pericoloso...Diamogli il beneficio della coerenza e premiamolo come BUON MAESTRO. Con buona pace di quei cattivi maestri che continuano a riempire le prime pagine dei giornali con le loro finte "caccia alle streghe" per poi mettersi al riparo da riforme che prima esaltano ma che poi non vogliono avere per sè, che hanno servitù e vassalli, che si inalberano se toccati sul vivo, che sono intimamente, moralmente, socialmente degli ipocriti e sconci CATTIVI MAESTRI di cui possiamo anche fare a meno.
 
Licenza Creative Commons
This opera is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 3.0 Unported License.