lunedì 19 dicembre 2011

Gerontocrazia + Diritti acquisiti = Montagna di debito. E chi paga?

Questo post si combina con il precedente per trasferire un concetto importante e cioè che le cause che frenano lo sviluppo si combinano tra di loro. Sono cioè "concause". A parte elencare le cause, argomento su cui torneremo, dobbiamo comprendere come esse interagiscono. Introduciamo una equazione che chiarisce l'interazione logica delle cause prima citate e ne evidenzia in termini concreti l'effetto. L'equazione è semplice da individuare. Se a fronte dello sviluppo ci possiamo aspettare una maggiore ricchezza, possiamo partire da questa prima equazione e poi costruire il suo "contrario". Con i post dedicati alla storia di Nauru era emerso come l'assenza di specifici investimenti in sviluppo avesse determinato la distruzione di una grande ricchezza. Quindi gli investimenti in sviluppo avrebbero altrimenti determinato la creazione di ricchezza. L'equazione sarebbe: Investimenti in sviluppo = Ricchezza. Non è però così semplice, parrebbe semplicistico. E' necessario introdurre un ulteriore elemento, non bastano solo gli investimenti in sviluppo ma dobbiamo introdurre una ulteriore condizione che permette agli investimenti in sviluppo di produrre ricchezza. Questa condizione è rappresentata dai "Mercati competitivi", ovvero da mercati dove gli investimenti in sviluppo possono essere valorizzati. L'equazione diventa: Investimenti in sviluppo + Mercati competitivi = Ricchezza. Ora ragioniamo sul contrario. Riprendiamo le due cause che frenano lo sviluppo, "Gerontocrazia" e "Falso Teorema del Diritto Acquisito", possiamo pensare che la prima (Gerontocrazia) freni gli investimenti in sviluppo (avete mai visto un anziano bramoso di fare investimenti in sviluppo e cioè prendersi alti rischi? Mi pare succeda nel 99% dei casi il contrario), mentre la seconda causa (Diritto Acquisito) frena, come abbiamo discusso nel post dedicato, l'accesso competitivo ai mercati. Per cui ora possiamo determinare l'equazione al "contrario": Gerontocrazia + Diritto Acquisito = Non Ricchezza. Semplice no? Ma cosa succede se a fronte di una "Non Ricchezza" io individuo (o insieme di individui e quindi Stato) voglio spendere, consumare, godere? Una soluzione c'è: mi indebito. Più spendo, senza creare ricchezza, più mi indebito. Più consumo, senza creare ricchezza, più mi indebito. Più godo, senza creare ricchezza, più mi indebito. Fino a che non ho creato una Montagna di Debito. Quando arrivo ad aver creato una montagna di debito mi si pone un problema. Difficilmente troverò qualcuno disposto a darmi ulteriore credito (che diventa ulteriore mio debito), perchè già ne ho troppo e molto probabilmente non potrò più ripagarlo. Cosa dovrei fare a questo punto? Dovrei fare un esame di coscienza, ragionare ed ammettere che forse ho esagerato. Dovrei cercare di capire le ragioni che mi hanno portato a questo eccesso di debito e cioè la mia insostenibile bramosia di spendere nonostante la mia incapacità nel generare ricchezza. Potrei allora, una volta pentito, tornare indietro. Potrei iniziare a darmi da fare seriamente, facendo investimenti in sviluppo per migliorare, lavorare e competere per guadagnare. Con i soldi guadagnati potrei quindi ripagare il debito e mettermi in una situazione di rinnovato equilibrio e di ritrovata serenità. Certo ci vorranno sacrifici, rinunce, duro lavoro. Non tutti sono disposti a farlo. Magari nemmeno io. Mi verrebbe da cercare una scorciatoia. Ma quale? Bè se il debito è solo il mio e lo devo pagare solo io è difficile trovare una soluzione. Che posso fare, scappare? Magari scappo si, fuggo in un'isola deserta. Magari fuggo a Nauru! Ma se il debito è mio e di altri insieme, come in una società (e forse sarebbe meglio scrivere Società), che posso fare. Una cosa la posso fare! Se son vecchio posso farmi eleggere governatore della società, stabilendo che vi si accede solo oltre una certa età o che l'accesso è funzione dell'età (Gerontocrazia), poi dato che faccio io le leggi dico che come Governatore della Società devo avere un certo stipendio per sempre, cioè un vitalizio e che nessuno me lo può toccare (Diritto Acquisito). Poi emano una legge e dico che "tutti, tranne chi è il Governatore, devono equamente ripagare il debito". Il gioco è fatto. Facile, troppo facile. Anche un bambino lo capirebbe. Allora poichè lo capirebbe anche un bambino dovremmo renderlo più complicato, più difficoltoso da comprendere e sviscerarlo. Dovremmo allora rivolgerci a qualche "Azzeccagarbugli" o "Dottor Sottile", uno che delle cose semplici può farne cose complesse. Dovremmo chiedere un parere se ciò è fattibile a qualche soggetto illuminato. Che ne so. Potremmo chiederlo http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Ichino. Leggete pure il CV, a voi la valutazione. Io come detto non valuto.

mercoledì 7 dicembre 2011

Un vecchio problema. Altrettanto vecchi ed inutili rimedi.

Congelo per un attimo la discussione sulle cause italiane che bloccano lo sviluppo per affrontare direttamente una delle conseguenze originate da tali cause: il debito italiano. Tornerò però sull'analisi dei motivi che impediscono lo sviluppo In Italia, poichè la loro disamina non è terminata. Volevo focalizzarmi sul problema del debito per l'urgenza del tema e per i tentativi che sono stati recentemente fatti per risolverlo. La "medicina" usata dal nuovo Governo è però sempre la stessa, ossia una combinazione di aumento tasse-riduzione spesa pubblica, e non affronta le radici del problema nè avanza modifiche strutturali per una sua risoluzione. Vale la giustificazione che questo Governo è solo agli inizi di un difficile percorso ma rimaniamo vigili e lucidi per monitorare se le "vere" riforme, che permetteranno di risolvere il problema del debito, saranno realizzate. Per capire alla radice il problema del debito italiano dobbiamo ripercorrerne la storia ed il susseguirsi di eventi e politiche che ne hanno determinato l'accrescimento smodato. Molti affermano che il problema del debito italiano è da ricollegare alla politiche dell'eccesso di spesa pubblica degli anni '80. In realtà il tema è più articolato e complesso poichè affonda le sue radici in un insieme di ragioni di tipo sociale, economico e finanziario, occorse ben prima degli anni '80. Il tema del debito italiano è da analizzare partendo dal Dopoguerra, ossia dopo la "rifondazione" di uno Stato Italiano, e quantomeno da collocare con particolare attenzione negli Anni Sessanta. I favolosi Anni Sessanta! Gli Anni Sessanta, così come gli Anni Cinquanta, sono il simbolo della rinascita italiana dalla guerra, del "Miracolo Economico", del risveglio di una nazione e della sua imprenditoria, in particolare di quella piccola e media e della grande innovazione in molti settori (come l'arredamento ma anche le automobili e i motocicli-la Vespa!- e così via). Come fece l'Italia ha creare questo "Miracolo Economico"? Su quali risorse costruì il suo successo? Sappiamo che l'Italia è sempre stata una nazione povera di risorse naturali (non certo ricca come altri Stati, tipo Nauru) e quindi certamente la sua ricchezza non derivò dallo sfruttamento di giacimenti petroliferi o di altri risorse del suolo o sottosuolo. L'Italia fece leva su una altrettanto preziosa risorsa rappresentata dal suo capitale umano. Quel capitale umano, spesso identificato con la creatività e fantasia, che fluì nelle produzioni ed affermò molti prodotti ed uno "stile italiano" nel mondo. Straordinari Anni Cinquanta-Sessanta! Negli anni Settanta la situazione cambiò. Ma perchè cambiò? L'Italia aveva forse perso il suo "capitale umano"? No, in realtà cambiò per un fattore esterno, non prevedibile ("un fattore esogeno" come direbbero gli economisti) e cioè le "crisi petrolifere". Le crisi petrolifere misero a nudo uno dei problemi strutturali dell'Italia, ossia la scarsa produzione energetica interna ed il forte gap con i paesi produttori ed esportatori di energia. I governanti italiani dovettero intervenire con una certa urgenza su questo tema. Una soluzione poteva essere quella di affrontare in modo molto deciso il tema dell'insufficiente produzione energetica (magari prevedendo la costruzione di nuove centrali anche nucleari, oppure lo studio e la diffusione di nuove tecnologie, etc.). Queste azioni avrebbero però prodotto i loro effetti solo più in là nel tempo, dopo molti anni, mentre era necessario fornire immediate risposte al problema della "crisi petrolifera". Iniziò un periodo non facile, di "austerity". Questa difficile situazione economico-sociale fu un fertile terreno per lo sviluppo di veementi proteste da parte di fasce deboli della società che spesso sfociarono in violenza sanguinosa (le Brigate Rosse, Lotta continua e gli altri movimenti "rivoluzionari" studenteschi). Il clima sociale peggiorò terribilmente (altro che "Dolce Vita" degli anni Sessanta!). Ero appena nato in quegli anni ma mio padre mi disse di aver avuto paura e di essere fuggito da Milano per "mettere al riparo" la sua famiglia da queste violenze (aggiungiamo pure che un giorno nella banca dove mio padre lavorava entrò Vallanzasca e possiamo comprendere quale potesse essere lo stato d'animo di quegli anni). Lo Stato Italiano fece molta fatica a combattere le proteste, la criminalità e la violenza e molti "martiri dello Stato" si immolarono, cadendo sotto i colpi di pistola di rivoluzionari o gruppi armati di protesta, fino a casi clamorosi e che rappresentano ancora "ferite indelebili" come il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro. Una prima risposta, d'urgenza al problema economico, venne data attraverso una soluzione finanziaria ossia l'emissione di debito pubblico per finanziare il deficit generato dalle necessarie importazioni di energia, pagate a caro prezzo. Guardando il grafico riportato in questo post è possibile notare come il debito pubblico italiano iniziò la sua salita proprio nel corso degli anni Settanta. Gli anni Ottanta iniziarono un pò diversamente per l'Italia, non tanto perchè i vecchi problemi fossero tutto ad un tratto risolti, infatti i "fuochi rivoluzionari" non erano ancora spenti e le stragi erano ancora all'ordine del giorno, ma perchè vi furono alcune fortunate contingenze e nuove consapevolezze da parte di chi doveva affrontare il problema. Nel 1982 la nazionale di calcio italiana, ritenuta una delle "cenerentole" calcistiche, vinse inaspettatamente i Campioni del Mondo di calcio, dopo ben 44 anni! Io stesso che ero ancora bambino, ricordo il continuo scorrere di quelle immagini di giubilo e festa con Bearzot ed i suoi giocatori che alzavano la coppa ed il Presidente della Repubblica Pertini che esultava sugli spalti. Questo fatto produsse effetti molto più pervasivi di quanto si possa credere, di sicuro innalzò e non di poco l'autostima degli Italiani a tutti i livelli politico-sociali. La vittoria dei Mondiali non eliminò, va detto, i problemi strutturali italiani (come quello del deficit energetico) ma quantomeno cambiò la psicologia. L'economia, ed anche la finanza, sono assai spesso guidate dalla psicologia! I politici si accorsero che una soluzione di breve e di urgenza come quella di emettere debito pubblico poteva essere usata per sostenere i consumi, gli investimenti e forse anche i vizi di una nazione che aveva quantomeno migliorato il suo "umore". Attraverso questo strada sarebbe stato possibile ridurre anche i conflitti sociali (più persone con la "pancia piena", meno proteste!). E così fecero. Gli Italiani vissero i loro favolosi ed edonisti Anni Ottanta. Il debito crebbe a dismisura e i problemi strutturali non furono risolti. Dopo l'ubriacatura post-Mondiali degli anni Ottanta, con tanto di codazzo di Moda, sfilate e yuppismo, l'Italia si ritrovò negli anni Novanta. L'inizio degli Anni Novanta non fu facile poichè la "zavorra del debito" iniziò a pesare e dopo lo scandalo di Tangentopoli che mise a nudo il sistema politico-affaristico italiano degli anni Ottanta furono cercate delle soluzioni attraverso governi tecnici (Amato-Ciampi). Le soluzioni avanzate in quegli anni furono in prima istanza di breve termine (aumento tasse-riduzione spesa pubblica) e solo più tardi "relativamente strutturali" (alcune privatizzazioni "parziali" e le prime "timide" liberalizzazioni). Urgeva ricercare soluzioni "straordinarie" perchè l'Italia doveva soddisfare anche un altro importante obiettivo ossia "non perdere il treno per l'Europa", cioè entrare a far parte dell'Unione Monetaria Europa. Per farvi parte furono fissati dei criteri tra cui il rapporto massimo di debito/pil, che ovviamente l'Italia non rispettò ma per Lei venne fatta una "deroga" (d'altronde in Italia siamo maestri nelle deroghe! Vuoi che non ce la dessero proprio a noi?). Con l'entrata nell'Euro e nel Nuovo Millennio l'Italia vive un periodo di euforia a causa di un'economia drogata da speculazioni finanziarie (titoli Internet) e immobiliari (politica espansiva del debito-mutui "sub prime"). Terminata questa fase, quando dall'euforia si è passati alla crisi, l'Italia si trova con il solito vecchio problema: il suo ingente debito pubblico. E quali sono dunque i rimedi? Governo tecnico e aumento tasse/riduzione spesa pubblica. E la soluzione del gap energetico? E le privatizzazioni mancanti? E le liberalizzazioni convincenti? Insomma dov'è la vera politica dello "sviluppo"? Le idee certo non mancano ma bisogna realizzarle e renderle concrete. Per farlo dovremo seriamente lavorare sulle cause che bloccano lo "sviluppo" e le relative riforme. Nei prossimi posts riprendiamo quest'analisi, ma era necessario soffermarsi un attimo sul debito, il nostro "vecchio problema".

giovedì 1 dicembre 2011

L'ipocrisia dell'illuminato. Cattivi e buoni maestri.

A fronte di chi si rifugia in false giustificazioni per salvaguardare il proprio "diritto acquisito" c'è chi (apparentemente) si professa "antagonista dei diritti acquisiti" o strenuo difensore della libertà, della concorrenza ed in definitiva del merito. Attenzione che spesso dietro a questi "sbandieratori" della libertà e del merito si celano ipocriti arrivisti ambiziosi. Che male c'è a professarsi sostenitori del merito e proclamarlo anche ad alta voce? Nulla, basta essere coerenti. Molti di questi "paladini del merito" però coltivano carriere plurime con rendite di posizione che a loro volta non vogliono perdere. Non è infrequente imbattersi nel "riformatore dei contratti di lavoro" che pretende più flessibilità, più dinamicità, insomma più facilità nel licenziare e meno garanzie per il lavoratore. Un punto di vista che di fondo è condivisibile se serve ad eliminare i "diritti acquisiti" e le "rendite di posizione". Ma poi scopriamo che tale "riformatore" vuole che tutto questo succeda per gli altri, eccetto che per sè! Si, il reclamo di diritti e garanzia da parte degli altri va assolutamente eliminato, mentre per ciò che riguarda il proprio non se ne parla affatto! Ed ecco che scopriamo che il "riformatore dei contratti di lavoro" è in realtà contemporaneamente professore universitario a vita, avvocato, giornalista e pure ricopre incarichi in ambiti parlamentari. E questo sarebbe un "paladino del merito" e "riformatore dei contratti di lavoro"? Ma da che pulpito viene il palpito? Messo di fronte all'evidenza di assoluta incoerenza tra ciò che professa e la sua posizione indovinate un pò il soggetto cosa risponde? "Io non ho nulla di cui vergognarmi, i miei diritti li ho acquisiti a norma di legge!" Eccolo lì dunque un altro sostenitore del falso teorema dei diritti acquisiti travestito in modo camaleontico da rivoluzionario e riformatore! Tutti questi non sono altro che CATTIVI MAESTRI! E' chiaro che qualcuno a questo punto può dire: ma perchè non fai qualche nome? Non li faccio perchè non voglio arrogarmi il diritto di essere il Giudice supremo che emette giudizi e sentenze. Credo nella democrazia delle opinioni e forse ancora, utopisticamente (?), nella capacità di valutare di ciascun individuo. Oggi che disponiamo di Internet, che è un mezzo "buono", è facile per tutti scoprire chi sono i falsi maestri! Dopo aver letto ad esempio il commento di uno di questi dalle colonne di un giornale, in cui professa la sua "voglia di cambiare" e la necessità di eliminare diritti e rendite di posizione, basta poi inserire il nominativo di questo in un motore di ricerca (tecnicamente "Googolizzarlo"), per verificare se ciò che dice corrisponde a ciò che è e che fa. Basta un attimo e tutti lo possono fare. Internet dice molto di più di qualsiasi investigatore privato oppure oracolo. Internet per certi versi è un mezzo minimalista, freddo e crudo, perchè ti dice esattamente le cose come stanno, senza rivestirle, truccarle, abbellirle o mascherarle. Per questo è un mezzo utile, sebbene forse freddo. Fortunatamente ci sono anche i BUONI MAESTRI. Qui mi devo sbilanciare un pò però. Certo non è facile dire chi è un BUON MAESTRO, mi limito ad individuarne alcuni solo sulla base della loro coerenza, indipendentemente dalle loro idee. Ne cito tre, in ambito universitario, poichè in qualche modo li ho conosciuti o forse li ho solo "studiati a distanza". Il primo che cito è Luigi ZIngales, uno dei suo libri e numerosi suoi scritti hanno ispirato questo blog. Ho conosciuto (poco per la verità) Luigi durante un periodo da visiting professor che lui ha svolto circa 10 anni fa (attorno al 2002) presso la SDA Bocconi. Luigi Zingales insegna alla GSB dell'Università di Chicago ed è professore di economia e finanza. E' italiano ma vive da anni in USA. Potrebbe sembrare il classico caso del "cervello emigrato" e forse lo è. Luigi esprime le proprie idee in modo molto chiaro, con stile asciutto e diretto, e per certi versi "radicale". Si a mio modo di vedere è proprio un "radicale", ma i "radicali" servono anche se sono scomodi perchè dicono e fanno cose utili. Luigi dice e fa anche perchè è sicuramente un ambizioso (infatti non disdegna ruoli all'interno del consiglio di amministrazione come Telecom Italia), ma ha il pregio di fare tutto ciò con grande coerenza ed in modo fedele al proprio stile "radicale". Non è figlio di barone, è andato in USA ed ha studiato e lavorato duro, ha scritto molte pubblicazioni rinunciando anche (con sofferenza immagino) a molta della propria vita privata, ha raggiunto posizioni di rilievo accademiche ed incarichi prestigiosi ma non vive di "rendite di posizione" e non rivendica "diritti acquisiti". E' sempre e costantemente "all'attacco" e non gioca mai "in difesa". Lui è un BUON MAESTRO. Un altro è Alberto Alesina, noto professore Italiano presso Harvard. Non ho mai conosciuto personalmente Alberto Alesina, salvo averlo visto qualche volta gironzolare nei pressi della Bocconi in stile sobrio ed informale con uno zainetto della palestra. Lo cito perchè sebbene non lo conosco personalmente, penso però di conoscerlo molto bene e forse di capirlo. Alberto Alesina è nato a Broni, nell'Oltrepò Pavese, una terra che conosco bene perchè è la mia terra. Della mia terra conosco i valori, gli usi, le tradizioni, quei tratti insomma non comunicabili che plasmano e forgiano gli uomini che lì hanno avuto i natali. La gente della mia terra è operosa, poco chiassosa, tenace e capace di lavorare oltre l'immaginabile. La gente della mia terra porta con sè i valori della terra. Quei valori delle volte duri che creano lo spirito contadino. Quello spirito per cui non bisogna mai "alzare troppo la cresta" perchè la natura (la terra) oggi dà ma domani può togliere. Per cui il contadino è felice dopo aver raccolto i frutti, ringrazia, ma poi torna al suo lavoro, non si perde in un "brodo di giuggiole". In Alesina riconosco questi tratti. Penso sia un grande lavoratore a giudicare dall'immane lavoro di ricerca in ambito accademico che ha svolto e che continua a svolgere, sebbene sia già una "personalità" affermata. Nei suoi interventi "televisivi" non l'ho mai sentito sopra le righe, nè arrogarsi diritti che il suo spessore e la sua autorevolezza potrebbero anche giustificare. Non mi sembra famelico di incarichi e ruoli. Non è un difensore dei "diritti acquisiti". E' un BUON MAESTRO. L'ultimo che cito è un individuo di cui abbiamo parlato molto in questi giorni per un suo recente libro. E' un altro professore universitario (d'altronde io parlo solo di ciò che conosco!!). E' Pierangelo Dacrema, professore piacentino che insegna in Calabria. All'apparenza Dacrema può essere considerato un "accademico hippy", controcorrente e da "Mistero Buffo". Dacrema però ha sviluppato i suo temi "controcorrente" in maniera molto "coerente". Ha scritto libri di critica alle materie che insegna (come "La morte dei soldi" o "La schiavitù del PIL"). Il suo ultimo libro è un totale manifesto-anticonformista che si intitola "Fumo, Bevo e mangio molta carne!". Pare stia avendo molto successo, forse perchè in questo momento storico c'è voglia di nuove idee anche controcorrente e magari gli individui si stanno risvegliando dal loro torpore da "drogati di Grande Fratello". Non prendete però alla lettera tutto quello che dice Dacrema! Sarebbe pericoloso...Diamogli il beneficio della coerenza e premiamolo come BUON MAESTRO. Con buona pace di quei cattivi maestri che continuano a riempire le prime pagine dei giornali con le loro finte "caccia alle streghe" per poi mettersi al riparo da riforme che prima esaltano ma che poi non vogliono avere per sè, che hanno servitù e vassalli, che si inalberano se toccati sul vivo, che sono intimamente, moralmente, socialmente degli ipocriti e sconci CATTIVI MAESTRI di cui possiamo anche fare a meno.

mercoledì 30 novembre 2011

Il falso teorema del diritto acquisito ed il cumulo di cariche

Dall'ultima volta che ho scritto su questo Blog è cambiato molto nella Politica italiana, quantomeno il Governo. Noto però, ed avranno notato in molti, che il lupo continua "a perdere il pelo ma non il vizio". Nuovo Governo, solita Gerontocrazia. Età media del nuovo Governo spaventosamente alta con picchi di età da rabbrividire, da gelare il sangue pensando che alcuni dei ministri potrebbero necessitare non di un sottosegretario ma di una badante. Torniamo però sul nostro tema: i vincoli che frenano lo sviluppo in Italia. Il vincolo di cui tratto in questo post è un pò più articolato dei precedenti e non riassumibile in una o poche parole. Partiamo dal concetto di "diritto acquisito" e del falso teorema che lo supporta. Ma che cos'è un diritto acquisito? Lo traducessimo in inglese suonerebbe come "purchased right" o qualcosa del genere, quindi traducendolo di nuovo in Italiano parrebbe voler dire "un diritto che è stato comprato". Qualcuno potrebbe pensare che non c'è nulla di male nel comprare un diritto. Ad esempio se un soggetto desidera costruirsi una nuova casa può comprare un terreno ed il relativo diritto di proprietà. In realtà non stiamo parlando di un diritto di questo tipo, ma parliamo di un diritto alla "rendita di posizione" o al "vitalizio". Il vecchio vizio di cercare la rendita di cui abbiamo già parlato in precedenti post e che è stato alla base del fallimento dello Stato di Nauru. Il diritto alla "rendita di posizione", tra l'altro, spesso non viene nemmeno "comprato" cioè non viene pagato con denaro ma viene "coltivato" o si "ottiene" per altra via, come ad esempio il vassallaggio ad un politico di turno, ad un "barone" universitario o semplicemente per anzianità (sinonimo di Gerontocrazia!). L'elemento più squallido non è il diritto alla "rendita di posizione" in sè e per sè ma il falso teorema che lo supporta. Il falso teorema è spesso riportato come difesa da chi è tacciato di essersi appropriato (spesso impropriamente) di una "rendita di posizione". Il soggetto in questione spesso risponde dicendo "io ho acquisito legalmente questo diritto". Cioè? Cosa vuol dire questo soggetto con questa frase che lo vorrebbe giustificare? Qual è la dimostrazione teorica dell'acquisizione di un diritto alla "rendita di posizione"? E' molto semplice la risposta, cioè questo teorema non esiste, non c'è, non è mai stato studiato. Semmai c'è nella mente di chi pensa di averlo e lo crea, senza dimostrarlo, in modo del tuo autoreferenziale ("io penso che c'è il diritto acquisito, quindi il diritto c'è perchè lo sostengo io!"). Il teorema non c'è, è falso. E ci sono tantissimi esempi in molti ambiti di chi si vanta di aver "acquisito" un diritto alla "rendita di posizione". Ma questa frena lo sviluppo e costituisce un fortissimo freno alla crescita di una nazione dal punto di vista umano ancor prima che economico, poichè non favorisce l'ingresso delle nuove generazioni sul mercato che è ingessato da posizioni di "diritti acquisiti". Vi ricordate il primo post di questo blog? Andatevelo a rileggere nel caso. In quel post io parlavo di due concetti fondamentali per lo sviluppo: l'accesso al mercato e l'accesso ai capitali finanziari. I "diritti acquisiti" costituiscono una barriera "invisibile" all'accesso sul mercato da parte di chi vuole entrare nel mercato per competere con i propri servizi o prodotti o in definitiva con le proprie qualità ed i propri meriti. L'altro fenomeno che si accompagna al teorema falso dei "diritti acquisiti" è quello del cumulo di incarichi. Esempio, in Italia grazie ai "diritti acquisiti" esistono soggetti che riescono a decuplicare i propri ruoli, incarichi e stipendi sebbene in realtà lavorino sempre e un numero di ore necessarie a giustificare solo uno di questi ruoli e stipendi. Ad esempio, in Italia è assai frequente imbattersi in "professori universitari - commercialisti - membri di consigli di amministrazione - presidenti di collegi sindacali - presidenti di società - consulenti del governo - membri di enti locali" (????!!!???). Ma come fanno a fare tutto ciò? Molto semplice, non fanno tutto ciò ma hanno una "posizione" che nessuno può attaccare. L'aspetto più vergognoso è che alcuni di questi ruoli siano in ambito pubblico con contratto a tempo indeterminato (ossia nessuno mai potrà rimuovere questi soggetti dal loro ruolo anche se inefficienti, cialtroni o perditempo). La mia proposta è che chi sigla un contratto a tempo indeterminato in ambito pubblico NON possa fare altre carriere professionali. Nessuna! Non ci può essere il professore universitario con contratto pubblico che fa anche l'avvocato. O fa il professore universitario o fa l'avvocato. Non ci deve essere il primario dell'ospedale pubblico con contratto a tempo indeterminato che fa anche il medico nello studio o clinica privati. O fa il primario all'ospedale o fa il medico nel privato. Spesso potrete riconoscere un'altra giustificazione falsa di chi beneficia del teorema del "diritto acquisito" e del cumulo di cariche poichè il soggetto vi dirà che lui fa tutto ciò "a norma di legge". Quindi per evitare queste scuse emaniamo una legge che vieti e punisca chi cumula più incarichi se in possesso di un contratto pubblico a tempo indeterminato. Così più spazio sarà creato sul mercato e forse i giovani, brillanti e meritevoli, riusciranno a farsi una posizione senza "acquisirla" ma semplicemente "meritandosela".

lunedì 31 ottobre 2011

La famiglia..."amorale"

"Gerontocrazia!" cantavano più di 30 anni fa gli Area ( http://www.youtube.com/watch?v=T2RvkrZuE9I ), una delle band di maggiore spessore intellettuale, dalle migliore capacità tecniche musicali, del più grande talento vocale nostrano mai avuto (Demetrio Stratos), con idee formidabili mixate ad un grande e sofisticato tessuto sonoro, implacabili nel portare avanti idee forti, radicali e senza paura (basti ricordare "Luglio, Agosto, Settembre...nero!") dove fornivano un punto di vista critico su uno temi più dibatutti della politica internazionale di quegli anni. Per tutti questi motivi furono relegati al ruolo di "band di nicchia" o "d'avanguardia" o "di genere", in poche parole da tenere distante dal grande pubblico, per loro di spazio in Italia non ce n'era, al massimo solo un piccolo "spazietto" in un angolo, senza disturbare troppo i "dinosauri" della Grande musica italiana. Gli Area incarnavano tutti i connotati tipici dei giovani "desiderosi ed ardenti" (rileggetevi la descrizione che ne ho fatto!!), ed anche per questo furono relegati e segregati ad un ruolo marginale dalla "Gerontocrazia". La Gerontocrazia è uno dei principali ostacoli per lo sviluppo dell'Italia, ma non é il solo. Altre forze infatti lavorano "con" o "per " la Gerontocrazia, la sostengono e la promuovono, molto spesso in maniera viscerale sebbene inconscia. Uno degli istituti fortemente radicati in Italia che si fa promotore della Gerontocrazia, sebbene incarni virtù o valori condivisibili, è la Famiglia. La Famiglia si sa nel nostro Paese è una istituzione, un caposaldo su cui si regge la nostra organizzazione sociale, etica, morale ma spesso anche industriale e...politica. Pochi anni or sono in Italia c'era anche un "Ministero per la Famiglia", come a sancire la difesa di un elemento strategico per la nostra Nazione, al pari di un "Ministero per il Petrolio" di una nazione petrolifera! Ma non mi si prenda per blasfemo se dico che la famiglia é un istituto che supporta la Gerontocrazia ed un ostacolo per lo sviluppo dell'Italia. Questa mia considerazione non nasce da una "presa di posizione" politica ma da una semplice osservazione della realtà. Si tratta, nei fatti, di un riscontro empirico. La Famiglia alleva, educa e protegge, e nessuno ne vorrebbe fare a meno, al tempo stesso pero' la famiglia impone un sistema di avanzamento basato su un principio semplice ed implicito: "il più anziano comanda", ed imbriglia le generazioni più giovani che devono accettare ed aspettare "il proprio turno". Il sacrosanto rispetto e stima per le generazioni più vecchie, per il loro contributo di esperienza, per la loro saggezza che è spesso garanzia di solidità non deve far mancare un concetto semplice, dimostrato da numerosi esempi dell'esperienza umana, che lo sviluppo puo' venire solo da un atteggiamento "affamato", energico ed in alcuni casi anche spregiudicato. Questo atteggiamento non é certo incarnato dai più "senior" bensi' dai giovani! Ai giovani deve essere permesso di farsi avanti quando la situazione a maggior ragione lo richiede, per poi affidarsi alle generazioni più mature in un momento successivo, di consolidamento, per garantire equilibrio ed equità. Nel panorama globalizzato odierno e' imprescindibile non assumere un atteggiamento votato alla continua ricerca di sviluppo che produce, oggi, solo momentanei stalli di relativo consolidamento, su cui innestare un'azione dei senior. Se la famiglia ordina; come sempre, "di mantenere le posizioni" produce incapacità dei giovani di assumersi le proprie responsabilità, in un momento che al contrario le richiede! Pertanto sentiamo spesso parlare del fenomeno dei "bamboccioni", letteralmente traducibile in "scansafatiche mai cresciuti che non vogliono assumersi le loro responsabilità", come prodotto refluo delle nostre famiglie. Molti in passato si sono indignati ed hanno espresso giudizi severi di vergogna nei confronti dei "bamboccioni" (vedi l'economista ed ex Ministro Padoa Schioppa), ma non si sono posti correttamente il problema di agire sulla causa a monte che li ha generati, ossia la famiglia "amorale". Dobbiamo quindi lavorare a monte sulla causa, dobbiamo lavorare sulla famiglia per renderla un istituto "flessibile" e con una gerarchia in grado di trasmutare a seconda delle diverse condizioni economiche e sociali. La famiglia infatti non é e non puo' essere in assoluto e sempre un istituto "morale", lo é o lo diventa solo quando riesce a diventare una micro-organizzazione sociale in grado di promuovere e garantire il benessere di una nazione, non quando si cristallizza in tabù e causa l'inerzia di una nazione. In quest'ultimo frangente diventa solo ed unicamente una famiglia "amorale".

mercoledì 26 ottobre 2011

Gerontocrazia: avanti i vecchi, i giovani a casa


Terminato il racconto della storia di Nauru proviamo a capire ciò che in breve questa storia ci ha insegnato. I Naurani si sono trovati in possesso di una grande fortuna derivante da una fonte di ricchezza naturale, i fosfati. I Naurani non sono stati in grado però di gestire questa grande ricchezza per creare condizioni di sviluppo e di benessere duraturo. Che cosa, in sintesi, hanno sbagliato i Naurani? In estrema sintesi i Naurani non hanno investito i fondi derivanti dai fosfati in investimenti di sviluppo, bensì si sono accomodati su investimenti conservativi, delle rendite immobiliari. Tali investimenti permettevano di generare proventi certi a fronte però di rendimenti normali ma soprattutto di nulle opportunità di sviluppo futuro. I soldi di Nauru insomma furono "messi a reddito" anziché essere investiti in progetti o attività capaci di rimpiazzare la fine dei giacimenti di fosfati. Quali potevano essere questi progetti? Difficile (o facile) a dirsi ex-post, ma i veri e più classici investimenti in sviluppo ruotano tutti attorno ad una medesima base: la valorizzazione del capitale umano e del suo potenziale. Perchè Nauru non ha investito nella formazione di una classe di dirigenti pubblici competenti anche in ambiti finanziari, viste le immani ricchezze da gestire? Perchè non ha investito nella formazione di una classe di ingegneri capaci di seguire e monitorare l'andamento dei giacimenti di fosfati in modo da predirne per tempo la fine e avvisare per tempo i politici della necessità di rimpiazzare questa risorsa? Perchè non ha investito nell'arricchimento delle infrastrutture e dell'offerta turistica dell'isola? Perchè semmai non ha anticipato la soluzione di costituire un sistema off-shore con un sistema bancario moderno ed efficiente? I Perchè potrebbero sprecarsi ora, ma non dobbiamo sprecare altro tempo, dobbiamo serbare ed appropriarci della storia di Nauru ed applicarla a nuovi casi problematici. La domanda sorge dunque spontanea: ma l'Italia, il nostro Bel Paese, assomiglia a Nauru? La risposta immediata (e per alcuni ovvia) è un "no". Perchè è un "no"? Molto semplice, ci sono numerosissime differenze: Nauru è un atollo mentre l'Italia è una penisola, Nauru ha una popolazione di poche migliaia di abitanti mentre l'Italia ne ha quasi 60 milioni, Nauru aveva una fonte di ricchezza naturale mentre l'Italia è povera di risorse naturali ma ricca di altre risorse. Ecco fermiamoci su questo ultimo punto. E' vero l'Italia è povera di risorse naturali ma ricca di altre risorse. Ma per smentire l'affermazione che l'Italia non sia come Nauru dobbiamo concentrarci non tanto sulla struttura del patrimonio della nazione ma sulla capacità di conservarlo. Quindi la domanda giusta da porre è la seguente: ma l'Italia, il nostro Bel Paese, assomiglia a Nauru in quanto a capacità di gestire le sue ricchezze? E qui la risposta è molto meno scontata. L'Italia è povera di risorse naturali ma ricca di capitale umano che produce i suoi frutti in numerosi ambiti come la moda, il design, le auto, il cibo e più in generale l'arte. Ma l'Italia sta gestendo in modo corretto il suo capitale umano? L'Italia, mutuando dalla storia di Nauru, sta investendo nello sviluppo del suo capitale umano per garantirsi condizioni di sviluppo per il futuro? L'ago della risposta inizia ora a pendere più dalla parte del "no". Quali sono le problematiche che non permettono all'Italia di investire nello sviluppo del suo capitale umano? Forse molte ma iniziamo da una molto semplice: gerontocrazia. La gerontocrazia, e già dal nome sembra una malattia, è la concentrazione del potere su persone anziane (andate a leggervi la definizioni di Wikipedia e poi ditemi se non ci riconoscete la descrizione dell'Italia, http://it.wikipedia.org/wiki/Gerontocrazia ). La concentrazione del potere nelle mani degli anziani non permette ai giovani di emergere quindi non permette a una nazione di investire nello sviluppo del suo capitale umano. Recentemente i Giovani Imprenditori di Confindustria dal loro convegno annuale di Capri hanno lanciato delle proposte che mi hanno colpito, non tanto per il contenuto che è condivisibile (in sintesi "abbassare le tasse ai giovani, ridurre il cuneo contributivo per chi entra nel mercato del lavoro, detassare le nuove imprese, abolire il valore legale dei titoli di studio"), tutte in favore di uno slancio verso gli investimenti di sviluppo in capitale umano. Ma le loro proposte mi hanno colpito per i mittenti cui i Giovani Imprenditori di Confindustria le hanno rivolte e ai quali chiedono di condividerle. In particolare i Giovani Imprenditori di Confindustria, oltre che al Presidente del consiglio (ultrasettantenne), le hanno rivolte al Presidente della Repubblica, ultraottantenne! Il fatto che il Presidente della Repubblica le abbia condivise e questo abbia reso "felici" i Giovani Imprenditori, come se avessero ottenuto qualcosa mi ha mosso una grande tenerezza nei loro confronti. Questa situazione mi ha ricordato quella dei nipotini che chiedono al nonno un commento sui loro scarabocchi e lui gli risponde "Siete dei grandi artisti!"...insomma facciamogli un complimento così cresce la loro autostima, d'altronde sono bambini!!! Ma che senso può avere quello di affidare la Presidenza di una nazione ad un ultraottantenne e chiedergli di occuparsi del futuro del capitale umano? Nel nostro Bel Paese il primo problema è la gerontocrazia e l'unico modo di combatterla e limitarla è quello di inserire un limite massimo all'assunzione di cariche per lo svolgimento dei compiti di Presidente del Consiglio e di Presidente della Repubblica. La mia proposta: massimo 60 anni per l'assunzione dell'incarico di Presidente del Consiglio e massimo 65 anni per l'assunzione della carica di Presidente della Repubblica. Nel prossimi blog seguirà la disamina di altri problemi che affliggono il nostro Bel Paese e ne inibiscono lo sviluppo del suo capitale umano, principale fonte di ricchezza dell'Italia.

lunedì 17 ottobre 2011

La fine della storia di Nauru e come si evolverà questo Blog


Con il precedente post si chiude il racconto dell'incredibile vicenda economica ed umana dello stato di Nauru. Da questa storia possiamo trarre alcuni importanti insegnamenti, da preservare con grande attenzione se non vogliamo ripetere nel nostro piccolo, o nel grande, i medesimi errori. I Naurani per molti anni prosperarono grazie alla scoperta dei giacimenti di fosfati e si trovarono a vivere di rendita. Purtroppo non seppero gestire questa rendita, questa incredibile fortuna che il destino aveva assegnato loro. Anzichè impiegare gli ingenti introiti in forme d'investimento opportune che avrebbero potuto rimpiazzare a lungo termine il reddito delle concessioni dei giacimenti, i Naurani investirono in altre attività che avevano la caratteristica di rendita, misero il loro capitale "a reddito" in immobili ma non generarono occasioni di sviluppo. In sintesi, Nauru non fu in grado di investire nello sviluppo futuro. Cosa potevano fare i Naurani? Tante cose, e forse parlarne con il senno di poi è facile. Sebbene non è detto che avrebbero di sicuro avuto successo, potevano però quantomeno provare ad investire in forme di sviluppo. Ma quali? Gli investimenti in sviluppo sono quelli che hanno a che fare con la valorizzazione delle risorse disponibili e del capitale umano. Nauru di risorse naturali non ne aveva moltissime, questo va detto, ma aveva una posizione invidiata di "piccolo paradiso" sulla Terra ed aveva, e tuttora possiede, un popolo. Perchè non investire di più sul territorio stesso e sulla sua capacità di attrattiva turistica anzichè mettere capitali in un hotel a Sydney? Perchè non investire sulla formazione e sull'educazione della propria popolazione, formando una classe dirigente più competente e capace anche di affrontare gli investimenti strategici di una nazione? Perchè semmai, in assenza di altre alternative efficaci, non trasformare da subito Nauru in un "paradiso fiscale" con un sistema bancario moderno e altamente qualificato? Tanti perchè ed una sola certezza: i Naurani stanno ora lottando per la loro sopravvivenza. Per questo hanno bisogno di un aiuto. Anche se non credo che il modo migliore per dare aiuto sia semplicemente quello di inviare denari, perchè come dice un vecchio detto "non bisogna dare all'affamato il pesce, ma aiutarlo a pescare", data la distanza e l'impossibilità di molti di raggiungere l'atollo e dare un aiuto concreto, segnalo questo link per gli aiuti umanitari a Nauru: http://www.care4nauru.com/. Ora che è finita questa storia che ne sarà di questo blog? In realtà la storia di Nauru è servita come preambolo, come ottima "case history" direbbero in un corso MBA, per discutere i temi dell'economia e della finanza dello sviluppo e questo blog continuerà a trattare di questi temi, avendo però fatto prima un pò di "scuola" a coloro che si avvicinano per la prima volta a queste tematiche. Il blog ora affronterà i temi di maggiore attualità, focalizzandosi in particolare sulle problematiche dell'Italia e di quei problemi, quantomai odierni, delle sue istituzioni, persone e politiche che bloccano gli investimenti di sviluppo e non favoriscono la crescita economica, deprimendo le nuove generazioni e rischiando di produrre nuovi "casi Nauru".

domenica 16 ottobre 2011

Fine del Guano, fine della parabola di Nauru...ed i sogni di gloria anzichè prendere il volo rimangono a terra.


L'esaurimento delle miniere di fosfati segnò inesorabilmente anche la fine economica del piccolo staterello di Nauru e dei suoi sogni di gloria. I Naurani dovettero rendersi conto che la loro "manna dal cielo" era finita, scavarono per tutta l'isola ma non trovarono niente che la potesse rimpiazzare. Anzi, l'isola era ormai un "colabrodo", devastata da anni di scavi forsennati delle multinazionali. L'ancora di salvataggio di questa piccola nazione erano gli investimenti finanziari fatti negli anni passati. Questi investimenti erano stati aggregati all'interno di un veicolo di investimento,il Nauru Phosphate Royalties Trust, che doveva essere la holding finanziaria, o per semplicità la "cassaforte", dello Stato di Nauru. I piu' importanti investimenti, che rappresentarono realmente almeno in un primo momento il "salvagente" di Nauru, erano gli immobili a Melbourne (Nauru House) e a Sydney (Mercure Hotel), mentre gli investimenti "spericolati" effettuati dal fondo patrimoniale azzerarono letteralmente il capitale che vi era stato investito. Tra questi investimenti "spericolati" vi era l'investimento in un musical ("Leonardo: The muscial") che si rivelò un totale insuccesso sia dal punto di vista di pubblico che dal punto di vista finanziario, l'acquisto di un ex area industriale da riconvertire e sviluppare (Carlton and United Breweries a Melbourne) che fu successivamente rivenduta senza nessuno sviluppo e per finire il finanziamento ad un club di football di secondo rango, il Fitzroy Football Club, che venne poi liquidato. Dopo la fine dei fosfati le casse dello Stato iniziarono ben presto a languere, anchè perchè sulla scorta dei grandi introiti delle rendite dei fosfati lo Stato di Nauru aveva impostato un grande sistema di welfare che garantiva a tutti un salario, senza bisogno di lavorare. Per mantenere questo sistema, in attesa di trovare qualche altra forma di sostentamento, lo Stato di Nauru dovette indebitarsi con gli Stati esteri, poichè gli introiti dalla rendite immobiliari di Sydney e Melbourne non furono bastevoli per sfamare la popolazione. In breve tempo il debito contratto dallo Stato di Nauru crebbe e divenne insostenibile e così il governo dovette vendere tutti e due i mega-immobili di Sydney e Melbourne per ripagare i propri creditori. La vendita del "totem" dei Naurani (la mitica Nauru House di Melbourne di cui abbiamo parlato a lungo in un precedente post), segnò anche simbolicamente la fine del "sogno economico" di Nauru e di una dura ricaduta a terra, con una presa di coscienza definitiva che ora i Naurani si trovavano sul lastrico. Rimase a terra anche la compagnia aerea di bandiera, la Air Nauru, che disponeva di un solo aerero ma che permetteva di collegare l'atollo con il resto del mondo. A quel punto Nauru si ritrovò senza piu' un quattrino ed isolata dal resto del mondo. Questa sciagura economica è recente poichè la fase piu' acuta della crisi economica di Nauru si è verificata tra il 2005 ed il 2006. Dopo questo biennio "horribilis" la nazione ha provato a risollevarsi attraverso nuove iniziative, come la trasformazione in un "paradiso fiscale" (oggi Nauru è considerata una nazione off-shore "black list"), che però non ha prodotto risultati tali da riattivare economicamente la nazione, e la ricerca di numerosi sostegni economici da parte di Stati esteri (in particolare Australia e Cina). Con questi aiuti almeno l'aereo della compagnia di bandiera ha ripreso a volare e con esso le speranze di un futuro migliore per i Naurani, che ancora oggi sono alla prese con il problema di avere una qualche forma di sussistenza economica.

giovedì 8 settembre 2011

Preghiera al Guano...per eterno riposo

Guano! Manna divina,"oro bianco", fonte di ricchezza e di vita! Chissà quante volte i Naurani avranno rivolto questa sorta di preghiera al Cielo, ringraziando la Terra per questi depositi sedimentati da cui scaturivano dollari (o sterline) in continuazione e ricadevano su questo popolino prima bistrattato dal mondo e poi vezzeggiato e riverito. Chissà quali balli tribali avranno ballato, quali canti avranno intonato a Sua Maestà Guano, come se fosse una divinità pagana illustre e rispettata! Ma il Guano in realtà di divino aveva ben poco, nulla per dirla tutta. Era una entità terreste, solida certamente, ma inerme e incapace di intendere e di volere, pur sempre terrestre e come tale, caduca, cioè con una scadenza, una fine, come il formaggino. Ed anche il Guano di Nauru ben presto iniziò piano piano a diminuire portandosi sempre più vicino all'esaurimento. Eh già, certo, direte voi, il Guano non è mica una risorsa rinnovabile come il sole, il vento, l'acqua da cui possiamo produrre "energie rinnovabili" in grandi quantità. Il Guano a furia di estrarlo si esaurisce...I Naurani forse non lo sapevano, oppure lo sapevano ma non lo volevano ammettere, non volevano farsene una ragione poiché forse il solo pensiero che quella preziosa risorsa finisse avrebbe fatto venire l'esaurimento a tutta la popolazione! Quindi non ci pensarono, forse perché troppo indaffarati nell'allestire il loro Totem a Melbourne. A sentire dire in giro per il mondo: "Oh ma che bravi questi Naurani! Che ricchi! Che belli!". Molti Naurani saranno rimasti delle giornate intere a testa in su ad ammirare il Totem. A guardare il cielo e la punta più estrema del grattacielo che quasi la tocca. Da un piccolo atollo alla punta del cielo, ad un passo dal Paradiso. Che sensazione meravigliosa. Ma la realtà è spesso più dura del previsto ed il sogno "paradisiaco" si trasformò ben presto in un incubo. Il Guano finì. E con la fine del Guano anche la favola di Nauru iniziò ad avviarsi verso il crepuscolo. Finito il Guano le multinazionali estrattive straniere presero a ritirarsi e con quel ritiro venne anche meno l'obbligo di pagare al Governo Nauriano i diritti per l'estrazione. D'altronde non c'era più niente da estrarre. I Naurani in un primo tempo rimasero sbigottiti, se la presero un pò per questi stranieri che erano venuti a sfruttare i loro preziosi giacimenti ed ora che erano finiti se ne tornavano rapidamente a casa loro, senza nemmeno salutare, o forse i più educati facendo appena un cenno di saluto. Ma come! Neanche un minimo di riconoscenza per quel Paese che li aveva ospitati per anni, per decenni, che gli aveva dato un lavoro, che li aveva sfamati, che li aveva divertiti? No, nessuna concessione ai sentimentalismi e nessun atto di riconoscenza. Guano finito, stabilimento estrattivo smantellato. Semplice equazione. Saluti, alla prossima. I Naurani però non si persero d'animo poiché sapevano di poter contare sugli investimenti fatti. La Nauru Tower ("Il Totem) e l'albergo in centro a Sydney avrebbe mantenuto la loro splendida, piccola ed ora svuotata Nazione! O almeno questo pensavano...

lunedì 28 marzo 2011

Another brick in the wall (part II)

I Naurani ora avevano il loro Totem. Bello, slanciato ed eretto nel centro di Melbourne. Una lancia conficcata nel cuore pulsante del vicino australiano, ingrombante e un pò chiassoso. Ergere un Totem ha sempre avuto un significato preciso per i popoli e le loro tribù. Il Totem ha un significato simbolico e religioso, evocando la divinità cui si professa il culto. E' un richiamo alla forza divina cui si ricorre in momenti di difficoltà o per raccogliere forza ed energia in momenti di bisogno o ancora per ringraziare e magnificare la grazia di un periodo di prosperità. Il Totem di Nauru era la Nauru House. In fin dei conti la Nauru House non era solo un investimento immobiliare, era molto di più. Era un simbolo di prosperità del piccolo atollo del Pacifico. Un segno del denaro splendente prodotto dai fosfati ricavati dal guano. Era certo anche un investimento immobiliare. Le premesse, almeno quelle, erano state di investire i soldi nel mattone. Come chiunque risparmiatore o conservativo investitore potrebbe fare. Per valutare se un investimento immobiliare è un buon investimento a detta degli esperti o dei professionisti del settore bisogna analizzare tre cose: location, location e location. Si insomma la localizzazione è fondamentale e determinante perchè l'investimento immobiliare sia buono e produca i suoi frutti. Nessuno può negare che la location scelta dai Naurani fosse di primario livello. Ma c'era propio bisogno di ergere un Totem dalle dimensioni e stazza della Nauru House? (Spazzando via inoltre per sfregio e boriosità due timide palazzine storiche limitrofe che rappresentavano quel poco del patrimonio storico di una città dal corto passato come Melbourne?). Se vi ricordate uno dei precedenti post era intitolato "Far soldi con gli escrementi e forse perdere un pò la testa" (6 Aprile 2010). Ebbene con la costruzione della Nauru House i Naurani diedero alcuni primi segnali che i soldi forse "avevano dato un pò alla testa". La Nauru House era sì un immobile, bello, grande e potenzialmente profittevole nel distretto centrale e affaristico di una delle più grandi città australiane ma era anche il più alto, il più grande e il più costoso. Quando si fanno i conti con un investimento bisogna considerare quello che si spende per investire (tanto nel caso della Nauru House), quello che si guadagnerà come rendimento (potenzialmente tanto dall'affitto degli spazi della Nauru House), ma anche i costi di gestione e manutenzione che si avranno nel tempo (ed anche questi purtoppo sono alti per una costruzione così grande come la Nauru House!). La Nauru House infatti venne successivamente "messa a reddito" e i Naurani centrarono il primo obiettivo di impiegare il denaro in una forma di investimento redditizia e stabile. Ma fecero male tutti gli altri conti. I Naurani non considerarono che a fronte di affiti elevati ottenibili dalla locazione di spazi prestigiosi ed esclusivi nel centro di Melbourne ci sarebbero stati anche alti costi di gestione e manutenzione dell'immobile. Inoltre la grandezza del complesso rendeva ancor più arduo il compito di controllare la gestione dell'immobile. Non si poteva mettere un ragioniere a seguire l'amministrazione come in un banale condiminio! Né sarebbe bastata una portinaia, attenta anche se pettegola, a gestire le incombenze del quotidiano come pulire le scale e le parti comuni, ritirare la posta e riempire tutti i casellari, controllare gli accessi, etc. etc. I Naurani non possedevano neppure una classe capace ed esperta di professionisti del "real estate" (=mercato immobiliare) e pertanto dovettero affidarsi a professionisti in loco (pagando parcelle salate) o altra fauna di sedicenti "professionisti" ma in realtà astuti e furbi squali del mercato immobiliare pronti a lucrare sull'ingente patrimonio di Nauru. Negli anni seguenti l'investimento attorno alla Nauru House si produssero infatti incredibili fatti di "mala-gestione" e corruzione: imprese di pulizie che emettevano fatture gonfiate d'accordo con i gestori degli spazi, lavorazioni fatturate dai fornitori e pagate dalla proprietà ma mai eseguite, ricatti, "tangenti", "soldi neri" e così via. Altro che investimento immobiliare di pregio! Il fiume di redditi immobiliari potenziale scaturente dalla Nauru House andava a perdersi in una serie di rivoli più o meno grandi che andavano ad alimentare tanti piccoli orticelli. Nel frattempo però i Naurani si erano anche indebitati con il più classico dei finanziamenti, un mutuo immobiliare, per finanziare l'ingente costo di costruzione del loro Totem. Un mutuo "monstre", da far rabbrividire anche il più scellerato ed avido degli speculatori finanziari. Un paio di centinaia di milioni di dollari e qualcosa in più concessi dal ramo finanziario della General Electric. Qualcuno a cui piace guardare più al bicchiere "mezzo pieno" che a quello "mezzo vuoto" potrebbe dire che perlomeno i Naurani potevano forse beneficiare dello "scarico" degli interessi passivi dalle tasse...

giovedì 17 marzo 2011

Another brick in the wall (part 1)


100 mattoni...un muro. Ma non il "muro dell'incomunicabilità" come quello che cantavano i Pink Floyd. Un muro vero, da guardare e da toccare. Ora che ci fate con un muro se avete bisogno di soldi? Lo vendete ovviamente, sperando che gli introiti derivanti dalla vendita vi possano bastare per soddisfare le vostre necessità per un bel pò. Almeno fino a quando non avrete trovato una nuova fonte di guadagno. I Naurani fecero più o meno questo, ma con intensità e ricadute di ben altra portata! I Naurani avevano identificato negli investimenti immobiliari una risposta, apparentemente "saggia", al problema della gestione dei proventi derivanti dalla concessione dei diritti di sfruttamento delle miniere di fosfati. I principali investimenti immobiliari dello Stato di Nauru furono effettuati in Australia, paese più sviluppato e con maggiori opportunità di investimento immobiliare (d'altronde che tipo di brillanti investimenti immobiliari si potevano fare in un atollo sperduto nell'oceano?!). La scelta ricadde su due immobili nelle due principali città australiane: Melbourne e Sydney. A Sydney furono investite ingenti somme nel Mercure Hotel, un prestigioso albergo nel centro pulsante della città. Il Mercure Hotel è sito infatti in George Street a Sydney. Per chi non ha familiarità del luogo basti pensare che George Street è una lunghissima arteria che collega i punti nodali del cuore pulsante di Sydney (in fondo George Street vi è la mitica sagoma della Sydney Opera House). Nel punto terminale di George Street si colloca il porto cittadino (Darling harbour) da cui partono i traghetti che collegano le altre zone della città (Sydney infatti è una città di infinite dimensioni su una foce di un fiume, il Paramatta, annidato dai suoi affluenti). George Street è nel "CDB" di Sydney: CBD è l'abbreviazione di Central Business District, letteralmente Distretto Commerciale Centrale. I Naurani non potevano dunque scegliere investimento migliore. Un prestigioso hotel in grado di servire clientela internazionale d'affari, esigente ma disponibile a pagare alte cifre pur di pernottare nel CBD di Sydney. Per quanto riguarda Melbourne la scelta invece ricadde su una diversa tipologia di investimento immobiliare. In Melbourne i Naurani individuarano un "pezzo di terra" da acquistare e sul quale far sorgere un grattacielo, una torre, la loro torre: la Nauru House. Si, non sorprendetevi, andò proprio così. Nel 1971 il veicolo d'investimento di Nauru che aveva l'obiettivo di gestire gli introiti delle rendite da fosfati investì ben $ 5,3 milioni (dell'epoca! se erano già tanti all'epoca immaginatevi oggi quanti sarebbero!!) nell'acquisto del terreno su cui sarebbe sorta la Nauru House. Forse per orgoglio o per spocchia, I Naurani fecero le cose in grande e costruirono non solo la "torre con il nome della loro nazione" ma anche "il grattacielo più alto di Melbourne"! La "Nauru House" con i suoi circa 200 mt. di altezza era infatti (e rimase fino al 1980) il grattacielo più grande di tutta Melbourne! Un piccolo atollo piantava quindi la sua "bandiera", la "bandiera" più alta di tutte, nel territorio del suo vicino "altezzoso, grosso, ingombrante e delle volte anche prepotente" australiano! Davide aveva vinto su Golia e sul terreno di Golia si era costruito il suo mausoleo. Non solo. I Naurani pur di avere la loro torre ben vista nel centro di Melbourne, di nuovo il CBD, vollero radere al suolo due palazzine più piccole nelle vicinanze, più piccole e insignificanti ma di maggiore "valore storico" per la città di Melbourne. I cittadini ed il governo di Melbourne tentarono di opporsi per salvaguardare le due storiche palazzine ma non ci fu niente da fare. Nulla in quel momento poteva contrastare la forza devastante e opulente del piccolissimo atollo disperso nell'Oceano ma ricco di fosfati. I Naurani abbatterono le due palazzine, storiche ma vecchie e decrepite, per fare spazio al loro "totem" gigantesco e mostruoso che poteva così affacciarsi sulla Collins Street, la via principale del centro di Melbourne. Il totem ebbe così ufficialmente il suo indirizzo in Collins Street. Collins Street n. 80, per la precisione.
 
Licenza Creative Commons
This opera is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 3.0 Unported License.