mercoledì 7 dicembre 2011

Un vecchio problema. Altrettanto vecchi ed inutili rimedi.

Congelo per un attimo la discussione sulle cause italiane che bloccano lo sviluppo per affrontare direttamente una delle conseguenze originate da tali cause: il debito italiano. Tornerò però sull'analisi dei motivi che impediscono lo sviluppo In Italia, poichè la loro disamina non è terminata. Volevo focalizzarmi sul problema del debito per l'urgenza del tema e per i tentativi che sono stati recentemente fatti per risolverlo. La "medicina" usata dal nuovo Governo è però sempre la stessa, ossia una combinazione di aumento tasse-riduzione spesa pubblica, e non affronta le radici del problema nè avanza modifiche strutturali per una sua risoluzione. Vale la giustificazione che questo Governo è solo agli inizi di un difficile percorso ma rimaniamo vigili e lucidi per monitorare se le "vere" riforme, che permetteranno di risolvere il problema del debito, saranno realizzate. Per capire alla radice il problema del debito italiano dobbiamo ripercorrerne la storia ed il susseguirsi di eventi e politiche che ne hanno determinato l'accrescimento smodato. Molti affermano che il problema del debito italiano è da ricollegare alla politiche dell'eccesso di spesa pubblica degli anni '80. In realtà il tema è più articolato e complesso poichè affonda le sue radici in un insieme di ragioni di tipo sociale, economico e finanziario, occorse ben prima degli anni '80. Il tema del debito italiano è da analizzare partendo dal Dopoguerra, ossia dopo la "rifondazione" di uno Stato Italiano, e quantomeno da collocare con particolare attenzione negli Anni Sessanta. I favolosi Anni Sessanta! Gli Anni Sessanta, così come gli Anni Cinquanta, sono il simbolo della rinascita italiana dalla guerra, del "Miracolo Economico", del risveglio di una nazione e della sua imprenditoria, in particolare di quella piccola e media e della grande innovazione in molti settori (come l'arredamento ma anche le automobili e i motocicli-la Vespa!- e così via). Come fece l'Italia ha creare questo "Miracolo Economico"? Su quali risorse costruì il suo successo? Sappiamo che l'Italia è sempre stata una nazione povera di risorse naturali (non certo ricca come altri Stati, tipo Nauru) e quindi certamente la sua ricchezza non derivò dallo sfruttamento di giacimenti petroliferi o di altri risorse del suolo o sottosuolo. L'Italia fece leva su una altrettanto preziosa risorsa rappresentata dal suo capitale umano. Quel capitale umano, spesso identificato con la creatività e fantasia, che fluì nelle produzioni ed affermò molti prodotti ed uno "stile italiano" nel mondo. Straordinari Anni Cinquanta-Sessanta! Negli anni Settanta la situazione cambiò. Ma perchè cambiò? L'Italia aveva forse perso il suo "capitale umano"? No, in realtà cambiò per un fattore esterno, non prevedibile ("un fattore esogeno" come direbbero gli economisti) e cioè le "crisi petrolifere". Le crisi petrolifere misero a nudo uno dei problemi strutturali dell'Italia, ossia la scarsa produzione energetica interna ed il forte gap con i paesi produttori ed esportatori di energia. I governanti italiani dovettero intervenire con una certa urgenza su questo tema. Una soluzione poteva essere quella di affrontare in modo molto deciso il tema dell'insufficiente produzione energetica (magari prevedendo la costruzione di nuove centrali anche nucleari, oppure lo studio e la diffusione di nuove tecnologie, etc.). Queste azioni avrebbero però prodotto i loro effetti solo più in là nel tempo, dopo molti anni, mentre era necessario fornire immediate risposte al problema della "crisi petrolifera". Iniziò un periodo non facile, di "austerity". Questa difficile situazione economico-sociale fu un fertile terreno per lo sviluppo di veementi proteste da parte di fasce deboli della società che spesso sfociarono in violenza sanguinosa (le Brigate Rosse, Lotta continua e gli altri movimenti "rivoluzionari" studenteschi). Il clima sociale peggiorò terribilmente (altro che "Dolce Vita" degli anni Sessanta!). Ero appena nato in quegli anni ma mio padre mi disse di aver avuto paura e di essere fuggito da Milano per "mettere al riparo" la sua famiglia da queste violenze (aggiungiamo pure che un giorno nella banca dove mio padre lavorava entrò Vallanzasca e possiamo comprendere quale potesse essere lo stato d'animo di quegli anni). Lo Stato Italiano fece molta fatica a combattere le proteste, la criminalità e la violenza e molti "martiri dello Stato" si immolarono, cadendo sotto i colpi di pistola di rivoluzionari o gruppi armati di protesta, fino a casi clamorosi e che rappresentano ancora "ferite indelebili" come il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro. Una prima risposta, d'urgenza al problema economico, venne data attraverso una soluzione finanziaria ossia l'emissione di debito pubblico per finanziare il deficit generato dalle necessarie importazioni di energia, pagate a caro prezzo. Guardando il grafico riportato in questo post è possibile notare come il debito pubblico italiano iniziò la sua salita proprio nel corso degli anni Settanta. Gli anni Ottanta iniziarono un pò diversamente per l'Italia, non tanto perchè i vecchi problemi fossero tutto ad un tratto risolti, infatti i "fuochi rivoluzionari" non erano ancora spenti e le stragi erano ancora all'ordine del giorno, ma perchè vi furono alcune fortunate contingenze e nuove consapevolezze da parte di chi doveva affrontare il problema. Nel 1982 la nazionale di calcio italiana, ritenuta una delle "cenerentole" calcistiche, vinse inaspettatamente i Campioni del Mondo di calcio, dopo ben 44 anni! Io stesso che ero ancora bambino, ricordo il continuo scorrere di quelle immagini di giubilo e festa con Bearzot ed i suoi giocatori che alzavano la coppa ed il Presidente della Repubblica Pertini che esultava sugli spalti. Questo fatto produsse effetti molto più pervasivi di quanto si possa credere, di sicuro innalzò e non di poco l'autostima degli Italiani a tutti i livelli politico-sociali. La vittoria dei Mondiali non eliminò, va detto, i problemi strutturali italiani (come quello del deficit energetico) ma quantomeno cambiò la psicologia. L'economia, ed anche la finanza, sono assai spesso guidate dalla psicologia! I politici si accorsero che una soluzione di breve e di urgenza come quella di emettere debito pubblico poteva essere usata per sostenere i consumi, gli investimenti e forse anche i vizi di una nazione che aveva quantomeno migliorato il suo "umore". Attraverso questo strada sarebbe stato possibile ridurre anche i conflitti sociali (più persone con la "pancia piena", meno proteste!). E così fecero. Gli Italiani vissero i loro favolosi ed edonisti Anni Ottanta. Il debito crebbe a dismisura e i problemi strutturali non furono risolti. Dopo l'ubriacatura post-Mondiali degli anni Ottanta, con tanto di codazzo di Moda, sfilate e yuppismo, l'Italia si ritrovò negli anni Novanta. L'inizio degli Anni Novanta non fu facile poichè la "zavorra del debito" iniziò a pesare e dopo lo scandalo di Tangentopoli che mise a nudo il sistema politico-affaristico italiano degli anni Ottanta furono cercate delle soluzioni attraverso governi tecnici (Amato-Ciampi). Le soluzioni avanzate in quegli anni furono in prima istanza di breve termine (aumento tasse-riduzione spesa pubblica) e solo più tardi "relativamente strutturali" (alcune privatizzazioni "parziali" e le prime "timide" liberalizzazioni). Urgeva ricercare soluzioni "straordinarie" perchè l'Italia doveva soddisfare anche un altro importante obiettivo ossia "non perdere il treno per l'Europa", cioè entrare a far parte dell'Unione Monetaria Europa. Per farvi parte furono fissati dei criteri tra cui il rapporto massimo di debito/pil, che ovviamente l'Italia non rispettò ma per Lei venne fatta una "deroga" (d'altronde in Italia siamo maestri nelle deroghe! Vuoi che non ce la dessero proprio a noi?). Con l'entrata nell'Euro e nel Nuovo Millennio l'Italia vive un periodo di euforia a causa di un'economia drogata da speculazioni finanziarie (titoli Internet) e immobiliari (politica espansiva del debito-mutui "sub prime"). Terminata questa fase, quando dall'euforia si è passati alla crisi, l'Italia si trova con il solito vecchio problema: il suo ingente debito pubblico. E quali sono dunque i rimedi? Governo tecnico e aumento tasse/riduzione spesa pubblica. E la soluzione del gap energetico? E le privatizzazioni mancanti? E le liberalizzazioni convincenti? Insomma dov'è la vera politica dello "sviluppo"? Le idee certo non mancano ma bisogna realizzarle e renderle concrete. Per farlo dovremo seriamente lavorare sulle cause che bloccano lo "sviluppo" e le relative riforme. Nei prossimi posts riprendiamo quest'analisi, ma era necessario soffermarsi un attimo sul debito, il nostro "vecchio problema".

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